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Nobody Knows

Regia di Hirokazu Koreeda vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Nobody Knows

di alan smithee
8 stelle

Una vicenda intima e drammatica che pare assurda, tratta invece da spunti reali: quattro fratelli non registrati all’anagrafe, costretti a vivere segregati in casa lontano da una madre sempre assente. La maturità precoce, la curiosità verso il mondo, il desiderio di omologazione. Koreeda intenso e potente più che mai.

L’importanza della famiglia, la catastrofe che incombe quando mancano entrambi i pilastri per sorreggerla.

Una vicenda che avrebbe appassionato Vittorio De Sica nel nostro immediato dopoguerra, ma ambientata nel Giappone contemporaneo, liberamente tratta da un fatto di cronaca realmente esistito: una madre irresponsabile ha messo al mondo quattro bambini da quattro uomini diversi e non ne ha mai denunciato all’anagrafe la nascita.

Scomparsi i padri, alcuni dei quali proprio sconosciuti, la donna ha sempre celato l’esistenza della propria prole cambiando di casa in casa, e mentendo ai vari proprietari circa l’esistenza di ben quattro bambini, che vediamo subentrare nel nuovo appartamento rinchiusi in tre capienti valigie, ilari e divertiti del nuovo gioco in cui li coinvolge lo scellerato genitore..

Alla soglia dei dodici anni, il figlio più grande si sobbarca la responsabilità degli altri tre e li alleva mentre la madre è al lavoro. Ma quando la donna comincia ad assentarsi per periodi sempre più lunghi, il senso di organizzazione e di responsabilità del ragazzo non saranno più sufficienti e le ristrettezze economiche, unite alla privazione di ogni comodità prima data per scontata (luce, acqua, gas), per i bambini si prospetta un periodo di vita all’insegna dell’autogestione, con esiti drammatici che non escludono uno spiraglio o un barlume di speranza positiva verso un futuro comunque incerto.

Rifuggendo pesanti, ma in fondo appropriati, toni accusatori o polemici, l’ispirato regista giapponese Hirokazu Koreeda, torna ad occuparsi di due temi prediletti come la famiglia e l’infanzia, raccontandoci di un’esperienza al limite della tollerabilità: l’immaturità dell’adulto viene soppiantata e sostituita da un senso di responsabilità che assume connotati eroici da parte del ragazzo più grande: responsabilizzato dalle circostanze, il bimbo va a fare la spesa, impara a risparmiare e ad organizzarsi stimolato dall’incubo che le proprie risorse sono molto limitate, situazione aggravata dal fatto che in un primo momento la genitrice immatura si assentava per il lavoro ma faceva ritorno quasi sempre la sera: ora invece le sue assenze assumono sempre più i connotati di una fuga, che la donna stolta ed irresponsabile ritiene di poter colmare con qualche regalo ogni qualvolta trova il tempo di tornare a riabbracciare la sua prole incognita al mondo.

Kore-eda si prende il suo tempo e ci racconta in due ore e venti la quotidianità spesso drammatica di una vita clandestina che tuttavia si apre con la limpidezza e buona predisposizione tipiche della la tenera età, alle piccole grandi gioie della vita: un’uscita rapidissima sul terrazzo, territorio vietato per timore di essere visti dal padrone di casa, la gioia di una passeggiata attraverso i viali, quando ormai della madre si sa solo che non ci si può più contare e che ormai è meglio uscire allo scoperto: il grigiore della città giapponese, tutta palazzi e fili della luce, si apre alla fioritura degli alberi e alla primavera, che aiuta e supplisce la mancanza di ogni servizio igienico e di fornitura, dopo che il mancato pagamento delle utenze ha reso praticamente inagibile quel microcosmo infestato di gioventù.

Koreeda si sofferma amorevolmente sul suo magnifico e maturo protagonista, Akira (l’attore Yuga Yagira vinse il premio dell’interpretazione maschile al festival di Cannes nel 2004), che soffre per non poter nemmeno avvicinarsi ad una scuola, tenta di sviluppare amicizie con i suoi coetanei ostentando la libertà che regna sovrana nell’appartamento, ma venendo presto ricacciato nella solitudine che crudelmente la tenera età spesso riserva a chi non appare omologato agli standard della propria vita civile.

“Nessuno sa”, dunque, perché in fondo anche una società organizzata e razionale come quella giapponese dimostra come si possa rimanere impotenti e ciechi di fronte alle singole realtà incontrollabili e alle drammatiche emarginazioni che solo sulla carta appaiono impossibili a verificarsi.

 

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