Regia di Milos Forman vedi scheda film
Gli ultimi anni del 1700 sono per Francisco Goya fertilissimi dal punto di vista dell'ispirazione pittorica. Merito anche di Inés, sua musa ispiratrice, alla quale si interessa in maniera morbosa frate Lorenzo della Santa Inquisizione, che un po' per invidia e gelosia, un po' per mistica convinzione, accusa la fanciulla di essere un'eretica da perseguitare di conseguenza. Clamoroso autogol di Milos Forman, che con i film in costume (Valmont) e le biografie d'autore in passato ci aveva abituato bene (Amadeus, naturalmente...). Prima di tutto è inverecondo che si sia dato il ruolo di Goya a uno svedese, pure bravo (Stellan Skarsgård), e non al migliore attore spagnolo su piazza, Javier Bardem, costretto invece nella parte di un cattivo di maniera (il frate inquisitore). Poi si spreca una bella occasione, quella di creare un concreto conflitto - visivo e concettuale - tra l'arretratezza di una Spagna ancora pressoché medievale e la (presunta) forza riformatrice e modernista di Napoleone, che nel frattempo imperversa in Europa. Se fosse questa l'intenzione dello sceneggiatore d'alto lignaggio Jean-Claude Carrière non lo sappiamo; certo è che il risultato è un pasticcio noioso e francamente indifendibile. Il cinema "all'europea", tutto imbellettato, che forse solo a un pubblico americano di bocca buona può piacere. Natalie Portman, tormentata pulzella di Goya, sfoggia per l'occasione il suo primo nudo integrale, e fa intendere nelle interviste che la concessione sia un atto dovuto «all'impegno e ai contenuti artistici del film». Appunto.
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