Regia di Per Fly vedi scheda film
Un professore universitario abbandona improvvisamente moglie e figlio per stare con una sua studentessa. La ragazza è un'estremista politica nelle cui idee l'uomo si ritrova, pur non avendo il coraggio di abbracciarle. Ma quando la giovane prende parte a un attentato che causa la morte di un poliziotto, la situazione già tesa precipita del tutto.
La panchina (2000), L'eredità (2003) e Gli innocenti (2005) costituiscono una trilogia nella quale il regista Per Fly ha voluto esplorare, toccando soprattutto aspetti controversi o sgradevoli, le tre macrofasce sociali danesi: la bassa nel primo film, l'alta nel secondo e qui, ne Gli innocenti, la media. Se il precedente L'eredità aveva conferito a Fly una certa notorietà in campo internazionale, questa volta nè critica, nè pubblico sono stati concordi nel decretare la riuscita del suo lavoro; questa pellicola gioca maggiormente sugli aspetti psicologici e sugli intrecci emotivi dei (e fra i) personaggi in scena e ciò è essenzialmente il primo e più difficile ostacolo che si pone di fronte allo spettatore. Anche il ritmo latitante non aiuta e, se si vuole, la scelta di girare la maggior parte del lavoro in atmosfere cupe o semplicemente buie è un fattore ostico in più. Per la sceneggiatura Fly si è fatto aiutare, come nei due precedenti film, da Kim Leona e, come per L'eredità, da Mogens Rukov e Dorthe Hogh. Jesper Christensen è richiamato al centro del cast, come per il primo capitolo della trilogia (mentre nel secondo era relegato in un ruolo laterale); al suo fianco qui compaiono, fra gli altri, Thomas Voss, Charlotte Fich, Pernilla August, Beate Bille e Mads Ville. Interessante l'idea di proiettare le crisi personali delle figure umane al centro della storia su uno scenario socio-politico ben più ampio e significativo; ciononostante pare manchi il giusto approfondimento concreto, che forse, d'altronde, avrebbe trasformato il film in qualcos'altro. 3,5/10.
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