Regia di Florian Henckel von Donnersmarck vedi scheda film
"Le vite degli altri" è, a mio parere, uno dei migliori film degli ultimi due o tre anni. Vi funziona tutto, dalla regia dell'esordiente Henckel von Donnersmarck (che Dio ce lo mantenga!) - autoriale senza essere astruso, spettacolare senza cadere nella ridondanza hollywoodiana - alla recitazione di un ottimo gruppo d'attori, tra i quali spicca lo strepitoso Ulrich Mühe, purtroppo deceduto lo scorso mese di luglio (2007) a soli 54 anni. Funziona la fotografia di una Berlino plumbea di Hagen Bogdanski e sono ottime anche le musiche di Stéphane Moucha e Gabriel Yared.
Ovviamente, tra gli spunti di riflessione suscitati da questo film vi è quello del ruolo degli intellettuali nei confronti delle dittature, nonché quello della penetrazione di uno stato di polizia nella vita privata ed intima dei singoli cittadini (i solerti funzionari della Stasi registrano anche gli amplessi delle persone spiate), ma vi è anche un'analisi della solitudine del controllore, nonché la fisiologica presa di coscienza dell'ingiustizia, che avviene attraverso la letteratura e la poesia: non è un caso che gli oppositori del regime siano tutti scrittori o registi teatrali e che lo stesso Wiesler cominci a rendersi conto dell'infamia del compito affidatogli, leggendo una poesia di Brecht. Vi sono poi altri elementi che colpiscono l'intelligenza dello spettatore, come il fatto che il capitano Wiesler indossi sempre, anche quando non è in servizio, una giacca grigia che somiglia tremendamente all'uniforme della polizia, oppure che il film prenda l'avvio nel 1984, un anno oltremodo significativo: sia per l'evocazione del famoso romanzo di Orwell sul quale incombe il Grande Fratello, sia perché segna la data di una grande vigilia, poiché di lì a pochi mesi in Unione Sovietica prenderà il potere Gorbaciov e comincerà il lavorìo di sgretolamento dei regimi comunisti dell'Europa Orientale. Il film ci fa anche vedere, in una specie di post scriptum, quanto succede dopo il crollo del Muro di Berlino, con i destini ormai incrociati dei due personaggi principali, Wiesler e Dreymann, uniti dalla dedica su un libro. E Henckel von Donnersmarck riesce sempre a commuovere lo spettatore, senza calcare la mano sugli aspetti patetici. Voto: 9 (quasi 10). (13 febbraio 2008)
A metà degli anni ottanta, il capitano della Stasi Wiesler è incaricato di sorvegliare, su impulso del ministro della cultura Hempf, lo scrittore Dreymann, fidanzato con l'amante del politico. In realtà Dreymann è persona leale verso il regime, anche se le persecuzioni subite da alcuni suoi amici intellettuali lo fa dubitare della bontà del regime comunista. Lo scrittore, convintosi infine della necessità di impegnarsi per denunciare le iniquità del regime di Honecker (scrive per questo un articolo per un settimanale della Germania Ovest), compie alcuni passi falsi, ma è inaspettatamente salvato proprio dall'ufficiale addetto alla sua sorveglianza.
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