IL CINEMA AI TEMPI DELLA QUARANTENA
Biopic sulla famosa, intransigente e sofisticata ballerina americana Isadora Duncan, che si circondò in tutti i suoi cinquant'anni di vita di personaggi e situazioni in grado di mantenerla sempre, nel bene come nel male, nelle gioie come nei molti eventi luttuosi che la riguardarono, al centro delle cronache culturali, mondane e di costume.
Tramite la direzione accurata e sin un po' accademica del bravo Karel Reisz, portavoce assieme a Tony Richardson e Lindsay Anderson della scuola di pensiero e stile cinematografico nota come "free cinema inglese", qui sul punto di spiccare il volo verso progetti made in Usa, si racconta la tormentata esistenza della talentuosa ballerina, anticipatrice non senza scandalo della danza moderna che seguì negli anni dopo la sua morte.
Dagli ultimi giorni di vita trascorsi sull' amata Costa Azzurra, scorgiamo la danzatrice ormai alla deriva, senza soldi, mentre tenta di riordinare i tratti della propria burrascosa vita con l'aiuto di due amici del cuore che si offrono di aiutarla a scrivere una autobiografia in grado di dare un senso a tutti gli eventi che la videro battersi e lottare per far risaltare la propria autorevolezza nel movimento.
L'espediente, classico, tutt'altro che inconsueto, ma assai funzionale, ci permette di ripercorrere le tappe salienti di un'ascesa artistica folgorante, di una vita privata che l'ha vista amare e detestare così come e venne amata e detestata dai suoi svariati partners provenienti da ogni angolo del pianeta.
Donna iconica, amante del bello e della perfezione assoluta invano ricercata ma sempre sfiorata in tutta la sua armonia di movimento che caratterizzava la sua grazia, la sua postura ritenuta unica, oggetto di adorazione, così come di disgusto, senza mezzi termini, dotata come fu di un fisico eccezionalmente armonico e deducente da metterla in risalto, e di un carattere rissoso ed indomito in grado di farla temere anche da chi pensava di adorarla incondizionatamente.
La tragedia della morte per affogamento die due figli bambini (concepiti da due differenti partners), la scandalosa fuga in Russia, il ritorno da traditrice nella natia America che la sbeffeggiò e la coprì di insulti, spinsero Isadora ad un ritorno nell'amata Francia, alla ricerca di nuovi stimolo e di nuovi amori fino alla fine, in cui morì vittima di un assurdo incidente, strangolata dal suo amato foulard rimasto impigliato tra le ruote della splendida Bugatti cercata con ansia insieme al suo baldanzoso proprietario.
La scelta di Vanessa Redgrave, meravigliosa e statuaria sia fisicamente, sia a livello di sfaccettatura interpretativa, costituisce una delle più evidenti fortune del film, che, in assenza della diva, avrebbe patito di eccessivo didascalismo che il pur ottimo e valido regista Reisz non riesce talvolta a non ostentare, pur nella estrema professionalità e perfezione di fattura della propria direzione.
Scelto per partecipare al Concorso del 22° Festival di Cannes, Isadora, che rimane alla mente anche per le splendide coreografie che vedono in scena la Redgrave senza controfigure e magistrale per la carica erotica in grado di far emergere sulla scena, fu giustamente insignito del premio alla migliore interpretazione femminile alla Redgrave, che nel film si concede anche in nudi integrali in grado di mettere in evidenza la perfetta armonia del proprio fisico statuario.
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