Regia di Marco Risi vedi scheda film
Maradona è un uomo vittima del proprio mito. È questo il messaggio del discutibilissimo film di Marco Risi, che pare avere dimenticato l’impegno civile di “Mery per sempre”. La favola (nera) moderna di ascesa e caduta del Pibe de Oro è raccontata come un fumettone ridondante e retorico in cui l’autore (più che Risi il team di quattro sceneggiatori) sembra non prendere mai una posizione di accusa o difesa, ma che in realtà è un’agiografia bella e buona destinata al pubblico internazionale che sorvola su episodi capitali della vita del Pibe (l’amicizia con Fidel Castro, l’adesione al comunismo, l’anti-blatterismo, l’anti-americanismo) ed è superficiale su altri (la camorra). Abbastanza irritante la prima parte argentina, con l’ambientazione del villaggio rurale e i primi successi del calciatori, ma ancor più la parte successiva, con la quale il racconto prende una piega becero-melodrammatica e ricattatoria, con la desolante rievocazione del Mondiale americano del 1994 (quando fu portato via da un’infermiera) e l’esposizione dei giorni più recenti, quelli nei quali, grasso, cocainomane e malato, lotta tra la vita e la morte. È anche un racconto morale, ma non centra il bersaglio al meglio. L’alternanza tra realtà (almeno mezz’ora di goal e di reminescenza maradoniane) e finzione non sempre funzione e raggiunge la propria inefficacia nella scena dell’amplesso con la prima compagna, un trionfo di ampollosità, melassa e inutile trionfalismo.
Retorica.
Voto: 4.
Non ci ha lasciato niente.
Non ci ha lasciato niente.
Non ci ha lasciato niente.
Si impegna molto, ci mette l'anima, ma non basta.
Non ci ha lasciato niente.
Un cameo abbatanza inutile.
Un passo falso, come troppi negli ultimi anni.
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