Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Olmi potrebbe cambiare idea («Sarà il mio ultimo film narrativo») ma non c?è dubbio che con Centochiodi abbia chiuso in bellezza: un film straordinario, soltanto in apparenza semplice e scandaloso. Non so se andrà a Cannes, dove, fuori concorso, potrebbe diventare il vincitore morale, ma sono già disposto a scommettere che, con o senza Cannes, avrà un vasto successo di pubblico. Anche per ragioni sbagliate, quelle di chi, trascurando la didascalia iniziale («Ma pur necessari, i libri non parlano da soli», Raymond Klibansky), giustificheranno se stessi, il loro non leggere un libro da anni, con altri passaggi: la carezza che può valere più di qualsiasi libro o la battuta «Tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico». Hanno già scritto che la sequenza d?avvio entrerà nella storia del cinema: in una maestosa biblioteca universitaria un centinaio di libri antichi e rari, incunamboli preziosi, sparsi per terra, aperti e trafitti da lunghi e pesanti chiodi. Oltre a essere necessariamente scandalosa in senso evangelico, è una parabola trasgressiva: sostiene la fede contro le religioni che non hanno mai salvato il mondo e i popoli e che, anzi, si sono spesso messe al servizio dei potenti. È trasgressiva con passione e lucidità. Con grazia. Non dissacra, come qualche spettatore penserà, ma desacralizza ? disincrosta ? la cultura, la dottrina, i libri. Ha detto Gianfranco Ravasi che, come l?Islam col Corano e l?Ebraismo con la Torah, anche il Cristianesimo è una religione del libro, ma con una differenza di fondo: è una religione in cui il Logos, la parola, si è fatto carne. Centochiodi è un film epico in cui il Verbo s?incarna e diventa vivo nella quotidianità. Il suo protagonista ? il professorino (Raz Degan con carisma) ? è un Cristo o almeno una figura cristologica nel senso che in un certo momento della sua esistenza diventa un Cristo com?è successo nei secoli a tutti coloro che, noti o ignoti, l?hanno imitato nei fatti. Probabilmente non saranno pochi, tra spettatori e critici, ad accoglierlo come un film didascalico che scivola nell?allegoria edificante: un?opera a tesi, a programma col messaggio. Saranno i colti che sanno, ma non comprendono perché accecati davanti alla sapiente e semplice capacità con cui il vecchio Olmi cala nei gesti, nelle espressioni, nei volti, insomma nei personaggi, il sacro che s?incarna nella vita quotidiana, nelle immagini, nei suoni, nelle luci, nelle musiche. «Il fiume va lontano?» dice uno dei semplici rivieraschi del Po per i quali si batte il professorino. Anche Centochiodi è un film che va, e andrà, lontano.
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