Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
La verità, la pace, l'amore, la solidarietà: tutti concetti di cui si è perfino abusato nel corso della letteratura mondiale di tutte le epoche; tutti si possono ricondurre al senso ultimo della vita e tutti sono materia di dibattito da sempre fra le varie religioni. Invece di cercare la realizzazione esistenziale dentro di sè, l'uomo va in cerca di appigli concreti e di facili soluzioni, con la presunzione inoltre di imporre il proprio credo ai suoi simili: questo è il significato di fondo contro cui combatte il personaggio di Degan. Non saranno concetti particolarmente originali, ma Olmi (regista e sceneggiatore) riesce ad esporre la sua teoria con garbo ed efficacia, anche se talvolta scivola su qualche evitabilissima leggerezza (il professore chiede al maresciallo dei carabinieri quanti libri ha letto ultimamente e il maresciallo di prende pure il disturbo di imbarazzarsi e sentire di doversi giustificare?); nota positiva per l'interpretazione del protagonista, notoriamente non un Brando, ma evidentemente Olmi ha saputo imbeccarlo ed il doppiaggio fa il resto. Una storia meno semplice del solito - e dai riflessi pesanti come macigni, sul ruolo sostanzialmente nocivo della religione nella vita dell'uomo e sulla mancanza di interesse nell'introspezione da parte del mondo moderno - per il regista bergamasco, che ha dichiarato con questo Centochiodi di avere terminato la sua carriera dal punto di vista della 'fiction', per riservarsi d'ora in avanti ai soli documentari. 5,5/10.
Un giovane professore di filosofia delle religioni inchioda al pavimento un centinaio di preziosi testi antichi della biblioteca dell'università e fugge di nascosto. Va a vivere lungo le rive del Po, sponda mantovana, luogo in cui si dedica ad un'esistenza a contatto con la natura, facendo amicizia con gli abitanti del luogo, rozzi ma gentili: lo soprannominano Gesù. Ma le forze dell'ordine sono già sulle sue tracce.
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