Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Uno scempio di preziosi ed antichi volumi che non è un gesto simbolico e liberatorio, ma soltanto un gratuito atto vandalico, viene rivestito di una patina ideale, e addirittura sbandierato nel titolo del film. Inopportuno, in un'epoca in cui la cultura ed il patrimonio artistico sono già abbastanza trascurati, quando non svillaneggiati. E paradossale, in un film che rivendica spessore letterario ed apertamente condanna l'analfabetismo come fattore di disagio sociale e causa di prevaricazione.
Un film sbagliato, e non solo per questo motivo. Il rifiuto dell'erudizione libresca ed accademica con il ritorno alla terra, ossia alla natura ed alla gente semplice, è un canone bucolico che ormai ha fatto la muffa. La sua originale carica provocatoria e rivoluzionaria si è persa nella notte dei tempi. Impensabile collocarlo, anche solo metaforicamente, nella realtà contemporanea. In effetti, il Raz Degan che, dismessi i panni dell'intellettuale, ed indossati quelli laceri di Diogene, si fa novello messia tra i diseredati padani di bacchelliana (e guareschiana) memoria strappa solo un compassionevole sorriso.
Un tonfo clamoroso, ed inspiegabile. Da dimenticare.
Ha compiuto il salto di qualità, che, però, temo, non farà storia.
Un addio al cinema non proprio felice.
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