Regia di Stefano Calvagna vedi scheda film
Il primo scult dell'anno si chiama Il lupo. Racconta, liberamente, la storia di Luciano Liboni che, nell'estate del 2004, tenne desta l'attenzione dei media, ingaggiando con le forze dell'ordine una sorta di sfida-inseguimento dopo avere seminato in giro morte, panico e terrore. Nel film si chiama Franco Scattoni, disperato piccolo delinquente della periferia romana degradata e (oggi) fascistella, famiglia devastata da incidenti sul lavoro ed epilessie e moglie in Marocco in attesa del marito che non torna e di un figlio che sicuramente arriverà. Il lupo o The King come amava autodefinirsi egli stesso sogna un altro pianeta su cui approdare con l'amata e il pargoletto e rifarsi una vita. Peccato incontri un carabiniere che più didascalico non si può: «Per favore, favorisca i documenti». Cominciano così gli ultimi giorni di Scattoni (cognome che quasi ne evoca un altro...), fra moto rubate, cibo sottratto ai gatti, notti all'addiaccio, docce rimandate, incontri clandestini con gli amici della malavita disorganizzata, misoginie varie ed eventuali e finanche un imprevisto rapporto orale consumato nel suv del complice Gladio, nome scelto dal regista Calvagna per le sue comparsate e che tradisce l'ideologia, politica e cinematografica, dell'operazione. Coinvolti nel fattaccio i pur bravi Bonetti e Mattioli. Mentre Enrico Montesano pare avere dimenticato l'arte della recitazione. Un Romanzo criminale solitario e povero, talmente velleitario che fa perfino tenerezza.
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