Regia di Claudio Antonini vedi scheda film
Tutto ‘liscio’ come il cinema italiano. Nel senso che, in questo film tutto va come deve andare, non c’è bisogno di fare previsioni. Semmai, c’è da scandalizzarsi, visto che Liscio é vincitore (!) alla Festa del cinema di Roma, della sezione “Alice nelle città” dedicata al cinema per e dei ragazzi, nonché del premio Solinas (?) per il migliore soggetto, firmato da Marco Campogiani.
La storia (ammesso che tale possa definirsi) è quella del figlio di una cantante di balera e nipote di un fisarmonicista, Raul, che, oltre ad essere un logorroico fino all’esasperazione, ama il liscio e cova il sogno di trovare l’uomo giusto per sua madre (ma si può…?). Convinto che il suo insegnante di musica, Medri, possa fare il caso suo, si impegna a prendere lezioni private per entrare in Conservatorio, pur di fargli conoscere e amare la madre, che nel frattempo sta cercando di lasciare le balere, per intraprendere una carriera da solista. Tra delusioni e sorprese, l’esperienza insegnerà a Raul com’è complessa la vita.
Ormai si sfornano film per mettere in bella mostra non solo il volto, le tette, i culi, tutti debitamente liftingtati, delle attrici, quanto la voce. A prescindere se sappiano cantare o meno: ci ha provato Ambra Angiolini con Ozpeteck, Claudia Gerini con Zampaglione, in questi giorni addirittura Michelle Untzicher con un musical e, dulcis in fundo, Laura Morante con Antonini.
Ma forse, questo film vuole essere un film sulla disgregazione della famiglia, visto ch’è tanto di moda questo argomento; forse è un film sulle mamme a cui piace farsi decine di uomini; è un film sulla musica; sul sempre più complicato rapporto tra i bambini e gli adulti; forse è un film che vuole restituire dignità a polke e mazurche (da notare il nome del piccolo protagonista: lo stesso di Casadei)? Insomma, noi non abbiamo ancora capito cos’è questo film, perdonateci l’uso improprio di questa parola.
Certo, nel finale, vedere i veri attori di questo film, coloro che hanno costruito una colonna sonora che potesse salvare il salvabile, è l’unica cosa che rende digeribile il film: Riccardo Tesi, Gianni Coscia (che compare nel ruolo del nonno) e Gianluigi Trovesi, sono musicisti doc, sminuiti anche nel loro ruolo dalla tristissima frase pronunciata da Raoul: “La musica è bella e semplice. Sette note, solo sette, basta suonarle una dopo l'altra.”
Antonini deve aver pensato con la stessa faciloneria di Raoul al suo modo di fare cinema, altrimenti non si spiegherebbe la piattezza (appunto l’essere ‘liscio’) e la bruttezza di un film come questo. Naturalmente ogni riferimento al cinema o al termine film è puramente casuale.
Giancarlo Visitilli
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