Regia di Kiyoshi Kurosawa vedi scheda film
FAR EAST FESTIVAL 25 - FUORI CONCORSO
Recensione nr. 6000
Il Far East Festival nr. 25 rende visibile sullo schermo notevole del Teatro Nuovo Giovanni da Udine, Cure, cupo e inquietante horror che portò alla fama internazionale un regista ora in auge nel panorama cinematografico nipponico come Kiyoshi Kurosawa.
Al centro della vicenda, una serie di morti agghiaccianti inferte non da un serial killer, bensì da persone normali e dalla fedina penale immacolata; colte, per motivi ignoti, da una strana forma di amnesia che le rende autrici inconsapevoli di omicidi violenti e terrificanti.
Presentato nella sezione del Fuori Concorso, il film di Kurosawa è uno tra i molti recuperi interessanti che il FEFF rende possibile in questo suo venticinquesimo anno di vita.
Uno zelante poliziotto di Tokyo si sta interessando a una serie di macabri omicidi, in cui le vittime portano due profondi tagli sulla gola inferti come a formare una “X”. Quasi sempre tali ferite non costituiscono la causa del decesso, ma una sorta di firma dell’assassino.
Le azioni efferate, tuttavia, non risultano come l’operato di un serial killer: alcuni degli assassini infatti sono stati già catturati, e alcuni anche colti in flagranza di reato.
Ma tutti risultano avvolti da una coltre di amnesia che li rende inetti a fornire spiegazioni o indizi validi per l’azione terrificante che hanno commesso, e della quale nulla ricordano.
Alla fine i sospetti si concentrano sulla figura tutta da definire di un giovane vagabondo, ritrovato nei pressi di una scena del delitto, anche lui senza memoria. Privo di lucidità, continua a fare domande, più che rispondere a quelle della polizia.
Per l’ispettore incaricato delle indagini, e per lo psicologo di cui si avvale per fare chiarezza entro un mare di incognite, l’indagine riserverà sorprese sempre più inquietanti, in grado di sconvolgere il poliziotto anche all’interno della sua vita privata.
Cure è il film che, senza diventare immediatamente un fenomeno virale, come ad esempio avvenne a The Ring di Hideo Nakata, rese il suo autore un regista di culto.
Inoltre, proprio anche stavolta a differenza di un film-fenomeno come quello citato, Cure riesce a creare terrore senza mostri o creature spaventose.
La paura è resa palpabile da oggetti e fenomeni consueti, come l’acqua che scorre dopo essere caduta da un bicchiere, e si trasmette attraverso il comportamento omissivo e calmo di persone, tipo il vagabondo sospettato di costituire un nesso che provoca la follia collettiva e omicida.
Kurosawa, autore del soggetto come della sceneggiatura, lavora infatti in sottrazione, concentrandosi sul gesto e sul mistero e sulle conseguenze che i comportamenti reticenti dei colpevoli generano nello spettatore, non meno confuso di quanto possano rivelarsi le forze dell’ordine e il personale medico.
Il grande regista riesce a materializzare l’inquietudine attraverso lunghe sequenze dirette con maestria e sfruttando i rumori naturali provocati dagli elementi nel loro contatto, provocando una suggestione che funziona meglio di ogni altro effetto decisamente più artificioso.
Cure coglie pertanto il lato maligno del comportamento umano, e il male nel suo agire come elemento inevitabile che prende di sprovvista anche il suo inconsapevole e quasi passivo autore. Come una forza diabolica che non intende svelare nulla di sé, quanto manifestare gli effetti terrificanti e plateali del proprio devastante agire.
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