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Still Life

Regia di Jia Zhang-ke vedi scheda film

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La recensione su Still Life

di FilmTv Rivista
8 stelle

Il 5° film di Jia Zhang-Ke comincia con un sinuoso pianosequenza circolare su un mucchio di povera gente chiassosa che si accalca su un battello in navigazione sullo Yangtze, il più lungo fiume asiatico (6300 km.) che attraversa la Cina da est a ovest. La telecamera si ferma su uno dei due protagonisti, inquadra il fiume poi Fenjie, antica città in via di demolizione. Sarà sommersa nell'ambito del progetto idrico Tre Gole che prevede la costruzione di una diga di 180 m. d'altezza e 2500 m. di larghezza (iniziata nel 1994, sarà finita nel 2009) e la formazione di un lago di 650 km., rendendo obbligatorio il graduale trasferimento di un milione di persone. Quell'avvio è seguito nei successivi 100 minuti da molti altri, soffici pianisequenza. Il che, a Venezia 2006 - dove Still Life vinse a sorpresa il Leone d'Oro - indusse alcuni giornalisti/critici a definirlo una noia mortale. Non è vero: mentono o non sanno vedere. Sono di durata varia, tutti funzionali ai personaggi e alla narrazione. Il giovane Zhang-Ke (1970) è un narratore che toglie invece di mettere. Ha un gusto figurativo raffinato: basta vedere l'inquadratura di partenza di ogni pianosequenza. Non è, però, un esteta esibizionista e lavora con pochi mezzi e telecamere digitali. Come nei film di fiction precedenti, tutti esposti in festival europei (1998: Forum di Berlino; 2002: Cannes in concorso: 2000 e 2004: Venezia in concorso), ogni volta in modi diversi, si cimenta con un tema centrale: il costo del progresso tecnico, ossia le conseguenze, in termini umani e nella vita civile, della rapida trasformazione industriale in atto nella Repubblica Popolare Cinese. Non dimostra: mostra. Non denuncia: riflette, compiange, condivide. Il suo è un film corale con due personaggi principali: il minatore Han Sanming che si reca a Fenjie per cercare la moglie e la figlia che non vede da sedici anni; Shen Hong, giovane infermiera che vuole incontrare il marito, da due anni assente da casa. Due storie, due epiloghi diversi che permettono al regista e sceneggiatore (con Sun Janmin, Guan Na) di mettere a confronto due condizioni socio-culturali, popolare e borghese, sia pure con dialoghi ridotti al minimo indispensabile. Hanno i sottotitoli, ma basta ascoltare le voci per captare le differenze. Il racconto è diviso in quattro capitoli: Sigarette, Liquori, Tè, Caramelle, oggetti comuni di vita quotidiana carichi di scambio e comunicazione. Sulla base di una scrittura realistica quieta e puntigliosa è un film più complesso di quel che appare nei timbri e nei toni, con sorprendenti aperture quasi magiche: il ragazzino che canta; il castello che decolla e s'invola come un'astronave; l'equilibrista che nel finale cammina su un filo tra due edifici.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 13 del 2007

Autore: Morando Morandini

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