Regia di Gregory Nava vedi scheda film
La storia delle centinaia di ragazze violentate, seviziate e assassinate dalla metà degli anni '90 a oggi a Juárez, città di confine tra il Messico e gli Stati Uniti, è ancora avvolta nel mistero, nonostante il massiccio movimento di protesta innescato dalle dimostrazioni delle madri delle vittime. È una storia orribile e scandalosa, dove si mescolano il disinteresse per la sorte delle giovani proletarie considerate carne da macello a partire dai loro datori di lavoro (quasi tutte erano operaie nelle Maquiladoras, le fabbriche di assemblaggio di prodotti elettronici sorte come funghi sul confine), la collusione tra le autorità locali e i narcotrafficanti da una parte e i cittadini "rispettabili" dall'altra, un maschilismo atavico e incrollabile. Si parla di più di 500 vittime identificate, e moltissime altre che, dal 2000 in avanti, sono semplicemente scomparse nel nulla. L'assassino o gli assassini seriali non sono mai stati individuati con certezza. I materiali a cui Gregory Nava poteva attingere per Bordertown erano sterminati, e diverse le strade narrative che poteva percorrere, dal documentario, al thriller, all'horror, all'analisi sociale. Sceglie un impianto classico "all'americana" (due giornalisti alle prese con le indagini e con il salvataggio di una ragazza che è riuscita a sfuggire agli assassini), ma poi si abbandona a tutte le sollecitazioni più smaccate, dal folclore facile all'incendio purificatore, dall'enfasi melodrammatica al pistolotto ideologico. Segnato da dialoghi talvolta insostenibili e da due interpretazioni enfatiche (Lopez e Banderas), Bordertown manca completamente il bersaglio e, invece di inquietarci e indignarci, ci annoia sui sussulti privati di due protagonisti stereotipati.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta