Regia di Roberto Infascelli (1) vedi scheda film
Secondo ruolo da 'commissario' (in realtà questore, ma la sostanza è quella) per Enrico Maria Salerno, dopo La polizia ringrazia di Steno, dell'anno precedente. Per qualche anno il grande talento dell'attore venne impiegato nel filone poliziesco, appiattendosi sempre più fra inseguimenti, sbirri corrotti e malavitosi che tengono in pugno la città (A tutte le auto della polizia, La città gioca d'azzardo, La polizia interviene: ordine di uccidere - e via dicendo); le ragioni che spinsero Salerno ad accettare tali lavori sono puramente economiche, ma va riconosciuto che alla fase di declino dal punto di vista della carriera (e nella vita privata, purtroppo) non si accompagnò mai un declino professionale. La sceneggiatura del regista e di Augusto Caminito, da un soggetto di Marcello D'Amico, non offre grandi spunti e soprattutto non apporta alcunchè al genere, mostrando i soliti clichè del poliziesco all'italiana (quelli citati poco fa); il colpo di scena centrale del canovaccio è quanto di più prevedibile. Il tipico ritratto a tinte fosche della città tocca questa volta la provincia nordica (Brescia); finale tragico che non sorprende neppure più di tanto (ma comunque nel suo piccolo coraggioso). Nel cast inoltre ci sono Lee J. Cobb (quello stesso anno anche nell'Esorcista), Jean Sorel (già con Salerno nell'Ombrellone di Risi, 1965, commedia sottile e dal valore forse ancora non del tutto riconosciuto), Claudio Gora ed i caratteristi Gianni Bonagura e Luciana Paluzzi. Musiche 'poliziottescheggianti' di Stelvio Cipriani. 3,5/10.
Ondata di sequestri, il questore si dimette; il suo sostituto ha il pugno di ferro contro i sequestratori e proprio per questo gli viene rapito il figlio.
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