Regia di Dito Montiel vedi scheda film
Il film si capisce pienamente quando arrivi al primo titolo di coda e leggi che nome e cognome del regista coincidono con quelli del protagonista. Un film 100% autobiografico, quindi; la storia della vita di questo signore - di cui non saprei dirvi altro se non quanto visto nel film - limitatamente alle sue esperienze in questo quartieraccio di New York, in cui è cresciuto ragazzo e torna qualche decennio dopo, saputo della malattia del padre.
All'inizio non mi è piaciuto, per le immagini di degrado crudamente mostrate (non era certamente il mio genere). Ma era proprio quello che l'autore voleva far vedere (e a volte, nelle scene più concitate, lo rende anche con un montaggio particolare, approssimativo e ripetuto): cioè l'esasperazione, lo squallore e la ristrettezza di un mondo che non sa neanche cosa c'è dall'altra parte della città; di una vita soffocata dal quartiere stesso, in cui le culture di diverse origine provano ma faticano a convivere pacificamente. Da questa asfissia e da quella della famiglia (di origini italiane) vuole fuggire il protagonista insieme alla sua ragazza ed al suo amico. E lo farà, ma da solo, spinto anche da una serie di eventi tragici.
E se all'inizio i tre aspiranti fuggiaschi sembrano le uniche "brave persone" in un marasma di squilibrati o delinquenti, quando il protagonista tornerà troverà il quartiere molto cambiato in meglio, e si renderà conto che nessuno era davvero cattivo dentro. Semmai era l'ambiente a renderlo tale. Ed anzi, proprio per aver attraversato quell'inferno o purgatorio, forse erano migliori.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta