Regia di Luis Prieto vedi scheda film
Siamo proprio messi male. Arriva finalmente, si fa per dire, nelle sale il sequel cinematografico-lirico-adolescenziale del fenomeno di culto degli anni passati Tre metri sopra il cielo. E purtroppo Ho voglia di te, tratto dall'omonimo romanzo di Federico Moccia, mantiene tutto quello che minaccia. La storia è quella di Step che, tornato dall'esilio volontario di due anni negli Stati Uniti, dovrà fronteggiare le ombre dei fantasmi del passato (l'amore per Babi) e le fregole del suo presente (la nascita del sentimento per Gin). Il tutto è talmente forzato, fintamente poetico, noiosamente pretestuoso da far venire la voglia di spaccare lo schermo. E il problema non è di recitazione (impacciata), di regia (furba ma svogliata), di musiche (onnipresenti). Il problema è di fondo, di contesto, di struttura e, sì diciamolo, di etica. La banalità dei sentimenti e il vuoto pneumatico esistenziale in cui vagano i personaggi è spaventoso e in storie di amori promessi, di lucchetti appesi ai lampioni e di chiavi buttate nel Tevere ci si perde e si annaspa con la sensazione che forse tutto è perduto. Se questo è l'unico modo di affrontare le problematiche dell'adolescenza e della crescita allora varrebbe davvero la pena di chiudersi in un'eremitica solitudine e gettare, questa volta sì, definitivamente la chiave.
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