Regia di Saverio Costanzo vedi scheda film
I passi lenti e gli sguardi muti scambiati nei corridoi del monastero non hanno nulla di mistico, ma sono umanissime espressioni di curiosità, anche morbosa, oltre che di dubbio, sospetto reciproco, e tormento esistenziale. La religione in senso stretto è relegata ai margini, come cornice di regole d'obbedienza e dispute teologiche. Il padre superiore incarna con vigore e rigidità i canoni della tradizione ed il patrimonio di verità bibliche, che però sono incapaci di toccare i cuori dei giovani seminaristi. Tutto, inesorabilmente, si sgretola sotto la forza vorticosa dell'interrogativo finale su cosa sia la vita, e cosa la morte.
L'attore sembra nato per questo ruolo, che, forse, gli è rimasto incollato alla pelle. Sarà difficile immaginarlo nei panni di un personaggio diverso.
Ancora una volta, come in "Private", il regista getta il suo sguardo indiscreto, ma mai sgradevolmente invasivo, oltre i muri delle realtà umane che le cronache riproducono, solitamente, solo dall'esterno. Costanzo ci rinnova il suo garbato invito ad entrare, e riflettere, ponendoci di fronte a situazioni sicuramente lontane dalla nostra quotidianità domestica, eppure cariche di profonde implicazioni per ciascuno di noi.
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