Regia di Saverio Costanzo vedi scheda film
"Gli altri mi vedono come un vincente", confessa il giovane Andrea (Jivkov) durante il colloquio con padre superiore (Hennicke) prima di entrare in seminario sull' isola di San Giorgio, a Venezia. Ma ad Andrea l'aspetto materiale della vita e il successo non interessano: è tormentato dai dubbi, cerca se stesso nella fede e nella vita spirituale ma - una volta entrato nel convento - rimane colpito dalla rigidità dell'ordine gerarchico ecclesiastico, dagli scantonamenti di due "fratelli", da una ricerca dell'atarassia che non è mai sfiorata dal dubbio né viene mai a contatto con la ragione.
Dopo il riuscitissimo Private, Saverio Costanzo ribadisce un talento fuori dal comune con un altro film nel quale ancora una volta emerge con prepotenza l'unità di luogo: tutto si svolge negli ampi spazi del monastero, che nella zoomata all'indietro dell'ultima inquadratura restituisce il senso di totale isolamento del posto. È qui che si consuma un thriller dell'anima in cui vengono a confronto spiritualità e ragione, dogmi e dubbi. Costanzo prende una posizione netta e lucida: la fede viene fissata nello spirito dei novizi con una sorta di lavaggio del cervello, la delazione paga e i dubbi vengono soffocati. Eppure In memoria di me, liberamente ispirato al romanzo di Furio Monicelli "Lacrime impure", nell'esplorare il mistero del nostro essere nel mondo pone allo spettatore moltissime domande. Lo fa con uno stile che manifesta la notevole maturità espressiva raggiunta da Costanzo, palesata dallo lo straordinario gioco di campi e controcampi che crea una tensione drammatica di spazi e volti (tra tutti, quello bello e intensissimo di Christo Jivkov, nomen omen), l'uso chiaroscurale delle luci, il livello ammirabile dei dialoghi, la scelta impeccabile delle musiche (Arvo Part, Valentin Silvestrov, gli Alter Ego), messe lì a contrappuntare il grande silenzio nel quale si consuma il tormento del protagonista.
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