Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film
Due ragazzini vorrebbero andare a caccia, ma il padre di uno dei due, che possiede un fucile, nega l'arma al figlio. I giovani si avventurano comunque per le campagne desolate e uno dei due finisce in una enorme pozza di fango, da cui viene risucchiato. L'altro corre in paese a chiedere disperatamente aiuto.
Com'è noto, la prima parte della carriera di De Oliveira fu segnata dall'impossibilità di lavorare in condizioni adeguate a causa della censura dittatoriale in Portogallo; questo La caccia è uno dei tanti cortometraggi che il Maestro diresse in tale fase, un piccolo lavoro realista su cui naturalmente non ebbe pieno controllo. La storia dei due amici adolescenti che, non potendo andare a caccia per mancanza di un fucile, vanno incontro a guai drammatici è stata infatti rimaneggiata dal regista appositamente dietro pressioni della censura: nella versione restaurata del corto possiamo vedere entrambi i finali. Il primo, cioè quello originale, vuole un epilogo tragico; il secondo, quello imposto, è deliberatamente ottimista e insensato, un epilogo rassicurante in cui tutto è bene quel che finisce bene. Ma la didascalia iniziale del lavoro - riassumendo liberamente: questo film si basa su una vicenda realmente accaduta, ma la caccia ha un valore puramente simbolico - va in netto contrasto con il secondo finale, anticipando di fatto la chiusura pessimistica della storia, con tanto di morale esplicitamente misantropa (gli uomini si mettono a bisticciare, anzichè salvare il ragazzo in pericolo). Il valore simbolico della caccia è presto evidente: rappresenta l'istinto violento, di sopraffazione insito nell'essere umano. Che il cinema di De Oliveira non sia mai stato banale o meramente estetico è evidente; che il salazarismo abbia tentato - invano - di renderlo tale, anche: specie alla visione di questo La caccia. 6/10.
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