Regia di Ryan Murphy vedi scheda film
Il difficile percorso di crescita di un ragazzo nell'America in fermento degli anni'70, tra genitori anaffettivi e una stravagante famiglia adottiva. Ryan Murphy esordisce sul grande schermo con una commedia sui generis tratta da un romanzo autobiografico.
Ammettiamolo, il principale motivo di interesse di questa strampalata commedia agrodolce è la regia di Ryan Murphy, prolifico re Mida di molte produzioni seriali per il piccolo schermo divenute cult, sebbene abbiano spesso diviso critica e pubblico: dallo scabroso Nip/Tuck, telefilm ambientato nel mondo al vetriolo della chirurgia plastica, alla controversa antologica serie horror American Horror story (tutt’ora in corso, pur con i suoi alti e bassi), fino al popolare simil musical Glee (oltre cento episodi andati in onda a partire da circa dieci anni fa) e al più recente poliziesco 9-1-1.
Murphy è dunque autore eclettico e versatile, tra i più attenti a temi delicati e d’attualità, quali i rapporti familiari, le discriminazioni, la perversione, la malattia mentale, tutti argomenti che trovano modo di esplicarsi in questa sua opera prima per il grande schermo, tratta però non da una sua idea bensì da un romanzo già esistente, scritto da Augusten Burroughs, protagonista stesso delle vicende narrate.
La storia è quella di un ragazzo timido e gentile la cui esistenza, fortemente condizionata dal matrimonio fallito dei suoi genitori, madre morbosa e mentalmente instabile e padre assente e alcolizzato, subisce una svolta grazie all’incontro con uno psicologo sui generis e con la sua strampalata famiglia, da cui viene adottato e nella quale troverà finalmente un vero nido in cui crescere, esplicando i suoi sentimenti e i suoi talenti.
La trama si sviluppa con pochi guizzi, non essendovi un vero forte filo conduttore nelle vicende, e anche per questo motivo si avverte nel complesso una certa pesantezza, dovuta anche alla consistente durata della pellicola, che alterna momenti riusciti ad altri un po’ ridondanti. Degno di nota è comunque il super cast prescelto tra cui spiccano, più che lo stesso protagonista, a dire il vero scialbo, una nevrotica Annette Bening, uno svampito Brian Cox, nei panni dello psicologo fuori di testa, una dimessa Gwyneth Paltrow ed Evan Rachel Wood, che interpreta la sfacciata ma sensibile Natalie, vero punto di riferimento per il giovane Augusteen con il quale stringerà una profonda amicizia. Ai già citati si aggiungono Alec Baldwin e Joseph Fiennes e Jill Clayburgh.
Pellicola dunque che si lascia apprezzare per la bravura degli interpreti e per alcuni dialoghi pungenti, ma che può anche suscitare qualche sbadiglio.
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