Regia di Richard Eyre vedi scheda film
Una nevrosi più una nevrosi fa sempre due nevrosi: nessun patto, nessuna complicità, nessuna fusione può restituire alle protagoniste di questo Diario di uno scandalo la serenità che, in fondo, ciascuna invidia all'altra, ma nessuna possiede. La giovane (Sheba) vorrebbe carpire all'anziana (Barbara) il mestiere, la fermezza che esercita con gli studenti e il rispetto che da essi riceve; la seconda è invece gelosa della bella (quantomeno rispetto alla sua polverosa solitudine) famiglia della prima, tanto da dichiararle - alla resa dei conti finale - che "mi serve più di un'amica". Un'idea morbosa sottende quindi questo rapporto per Barbara, mentre per Sheba è diventato soltanto un'irremovibile catena, uno stato di necessità dettato dalla conoscenza del terribile segreto che accomuna le due donne. Nella definizione di "vampiro" è invece riassunto tutto ciò che Sheba pensa di Barbara, termine che non fa che trovare conferma nella vana ricerca di contatto di quest'ultima, che si trasforma piano piano in una sempre crescente, patologica attenzione mirata a risucchiare la collega più giovane all'interno della propria misera esistenza. Una coppia di interpreti in ottima forma (Cate Blanchett e Judi Dench, già utilizzata da Eyre per Iris, 2001), una fotografia ordinata (Chris Menges, Oscar 1985 e 1987 per Urla del silenzio e Mission), una colonna sonora che insegue la tensione che percorre sotterranea tutta la trama (Philip Glass): gli elementi per un prodotto di buon livello ci sono tutti. Quel che pare funzionare già meno è la maniera superficiale in cui viene trattata la relazione fra Sheba e Barbara non appena essa si stringe: non mancano infatti i luoghi comuni (la famigliola felice vs. la solitudine più totale, es.) e i momenti 'telefonatamente' patetici (il figlio down, la morte del gatto), tutta materia che piace al grande pubblico, ma che finisce anche per sminuire la portata del messaggio di fondo del film: fra le singole nevrosi che ci portiamo addosso non c'è alcun punto di contatto, la forza per superare le proprie dolorose barriere psicologiche è insista in ognuno di noi. La parte più complicata nel processo di superamento di tali barriere sta proprio nel cominciare a prendere coscienza di sè stessi attraverso di esse. Tratto da un romanzo di Zoe Haller sceneggiato da Patrick Marber, nominato all'Oscar insieme a Glass e alle due protagoniste. 5/10.
La giovane prof se la intende con uno studente quindicenne; la collega più anziana - donna tremendamente sola - è l'unica a saperlo e baratta il suo silenzio per un po' di compagnia. Un patto che però non potrà durare.
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