Regia di Peter Webber vedi scheda film
Peter Webber realizza il prequel della storia di Hannibal Lecter, il più celebre dei cannibali cinematografici. Il personaggio reso famoso dai libri di Thomas Harris e impersonato per ben 3 volte, e sempre magistralmente, da Anthony Hopkins, vive qui la sua infanzia nefasta, vittima della guerra, dei soprusi, con la sorella morta per cannibalismo davanti ai suoi occhi. Webber ci illustra il pessimo processo di socializzazione che formerà il carattere vendicativo di Hannibal e la sua proverbiale tendenza al cannibalismo.
Il film è il meno coerente della saga, cominciata nel 1991 con “Il silenzio degli innocenti” e che, fino al terzo capitolo, ossia “Red dragon” del 2002, aveva mantenuto una linea coerente sia esteticamente che dal punto di vista contenutistico. Il film si apre bene ma, man mano che prosegue, si accanisce troppo sulla furia vendicativa di Hannibal, divenendo monotematico e a tratti stucchevole. Le location sono meravigliose (l’architettura mitteleuropea ai tempi della seconda guerra mondiale è una garanzia in tal senso) e la bravura di Gong Li è quasi pari al suo fascino. Purtroppo a tratti Hannibal sembra Jigsaw (quello di Saw): sembra quasi che sceneggiatori avessero scaricato la propria rabbia repressa, calcando eccessivamente la mano. Ma i difetti non si limitano alla sceneggiatura: il protagonista è interpretato dal giovane attore francese Gaspard Ulliel (già visto in “Una lunga domenica di passioni”); la sua interpretazione del personaggio talvolta risulta decisamente sopra le righe, finendo per essere pleonastica. Film che un po’ delude rispetto a tutti i prequel di cui è zeppo il cinema degli ultimi anni.
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