Regia di Peter Webber vedi scheda film
Chiariamo subito due cose. Una bella e una brutta. Il film è un bello spettacolo commerciale, accattivante, un esempio di film narrativo con un’anima esteta, ma c’era davvero bisogno di farlo? C’è ancora chi crede che spiegare e dissipare una rete cupa d’intrichi sia importante, fondamentale e voluta dal pubblico. Allora, se il pubblico chiede spiegazioni non è un pubblico degno dell’arte cinematografica, ma sono solo dei pop-corn boys. Il carattere “informativo” di un film è la sua cifra più bassa, quella che poi daterà il film irrimediabilmente. Dopotutto è la matrice delle fiction televisive, che informano il pubblico su fatti e personaggi di una storia, senza consegnare la storia alla memoria emotiva.
Il caso di “Hannibal Rising” è diverso. Il film si può salvare per il gusto della messa in scena, infernale, suggestiva e cupa più del precedente “Red Dragon”, ma l’esegesi del Mostro non trova spazio nel reticolo delle trame enigmatiche del fascino lecteriano come invece ne Il Silenzio degli Innocenti” e “Hannibal”. Film, quindi, sia narrativo che informativo che visivo. Un film, quello di Webber, che commercializza il franchise del Doctor Lecter, ma che sa però intronarrare un Mostro ex novo. Se il film infatti non resta solo uno spettacolone thrilling è grazie a Gaspard Ulliel. Ecco svelato finalmente il tanto dibattuto fascino di Hannibal, un nome che oggi inquieta più che mai, un po’ come il babau (o boogeyman) e Jack Lo Squartatore. La sua attrazione sta tutta nel fascino omoerotico del personaggio di Gaspard Ulliel, se non addirittura solo in Gaspard Ulliel. Una preparazione, quella dell’attore francese, che sfiora la maniacalità, assistendo per esempio ai sezionamenti dei cadaveri, ma che sa allontanarsi dall’imitazione di Anthony Hopkins proponendo un aspetto diverso del Mostro di Baltimora. Infatti, se l’Hannibal di Hopkins è la rappresentazione postmoderna del Male nel XX secolo, contaminato dall’eleganza e dal male puro tanto da non distinguerli, l’Hannibal di Ulliel è un antieroe romantico che sfida le istituzioni, la legalità e la morale comune. Il suo essere giovane non è solo dovuto alla sceneggiatura del prequel, c’è anche la volontà, si spera, almeno in Ulliel, di paradigmizzare l’impeto giovanile, lo sviluppo fisico, la conoscenza sessuale, con la svelazione e la morte dei tabù. E il cannibalismo, signori, è il tabù per antonomasia, tant’è che è legato metaforicamente alla sfera sessuale. In questa svelazione “young Hannibal”, come recitava il titolo di produzione, seduce e viene sedotto non dalla forma, ma dal contenuto del cruccio esistenziale. Non quindi il significante, ma piuttosto il significato.
Purtroppo il film non ti lascia addosso la stessa aria pesante, che minaccia le corde sensibili dello spettatore, come faceva nel primo film con Anthony Hopkins e Jodie Foster. Nel film di Webber assistiamo ad una messa in scena elegante, ma funzionale alla narrazione. Ci sono simboli cho tornano e ritornano, come la maschera giapponese o il tanto sangue versato, ma hanno solo la capacità di collegare i due Hannibal che conosciamo. Non ci troviamo davanti ad un film che inquieta. Il solo Gaspard Ulliel lo sa fare, e più che bene. Il suo essere diavolo romantico, uomo travolto dalle furie della natura, si differenzia dalla sobrietà di Hopkins per incarnare il titanismo dell’uomo moderno. La lettura che fa di questo il regista è sintetizzata nella scena finale, quando Ulliel, aiutato dalla fotografia rosso sangue, si scatena sul corpo del villain di turno sfoggiando un ghigno e un’espressione così diabolici da non perdere il confronto con precedenti mitici psicopatici. Ma già nel bosco, quando si schizza in faccia di sangue, vediamo che in lui è subentrato qualcosa che va più in là della sobrietà elegante del vecchio Hannibal: l’impeto titanico di chi vuole sostituirsi alle leggi dell’uomo “vivendo” i tabù.
Non è difficile quindi ammettere che “Il Silenzio degli Innocenti” rimane il film migliore della serie, seguito dal “Hannibal” di Ridley Scott e da questo “Hannibal Rising” con Ulliel. Purtroppo, “Red Dragon”, pur bello e divertente da vedere e seguire perde nel confronto diretto.
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