Regia di Chan-wook Park vedi scheda film
Sempre più confuso, sempre più ridondante, sempre più estetizzante, il coreano Chan-wook Park chiude malamente la sua perversa trilogia sulla vendetta. Completamente allo sbando, affastella immagini stravaganti che, se da un lato denotano sicuramente verve creativa, dall'altro sembrano accostate fra di loro col preciso intento di stupire lo spettatore, ma senza una vera urgenza espressiva. La creatività è efficace solo se messa nella condizione di comunicare qualcosa: in questo film si perde la bussola, a forza di saltare da un stato d'animo/estetico/narrativo ad un altro completamente diverso, col risultato di non riuscire proprio a districarsi dal caos morale che il nostro pare esporre con un compiacimento quasi sadico. Film eccessivo in tutto, non riesce minimamente nel suo obiettivo: generare una nuova forma ibrida grottesca, scaturita dalla mescolanda di toni e generi (dal noir al melo alla commedia), fra le righe della quale rinvenire un sostrato di dolore e passione.
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