Regia di Chan-wook Park vedi scheda film
Ci sono film morali e film moralisti. I film moralisti combattono la violenza nella convinzione manichea che in essa nulla sia da salvare. I film morali esprimono violenza, la rappresentano e la raffigurano, non di rado in quadri di bellezza sfolgorante, come se volessero intravedere al di là del male, cercare un raggio di sole in un rivolo di sangue, un imperativo categorico o un lampo di umano riscatto in un colpo di pistola.
Per queste ragioni "Lady Vendetta" è un film bellissimo e importante. In un mondo che ha perso molto di umano, in una commistione acre tra vittime e carnefici, nel continuo rovesciamento di ruoli e nei processi osmotici tra ciò che va e ciò che non va fatto, la violenza è l'unico valore che possa dare un senso alle cose, alla necessità che l'uomo ha di fare i conti con se stesso, il proprio passato e la voglia di un futuro che sia, quanto più possibile, emendato dalla nostalgia degli errori.
Il tutto inserito in un discorso filmico e profilmico molto alto: intensità di dialoghi e di immagini, senso dell'umorismo straniante e denso di rimandi alla tragica ironia fatale delle esistenze. Acceca la bellezza della protagonista, completamente antitetica alle sue azioni. Il suo divenire organizzatrice di eventi drammatici e catalizzatrice di energia negativa seppur vitale (quella che colora la vendetta, conferendole dignità, perchè una vendetta senza vero odio è la pura masturbazione di un cattivo per caso) mostra a noi spettatori a quale livello di abiezione tutti si possa giungere, se spinti da un caso che non ha rispetto per le nostre borghesissime regole di andamento lindo e tranquillo.
Si può sperare la salvezza in un abbraccio di bimbo, nella ricerca di radici che si è già ampiamente provveduto a calpestare. Ma se, di fronte alla morte, ciò che conta è il denaro, nonché la capacità di aggiungere dolore al dolore, tormento al tormento, allora la vendetta è destinata ad esaurirsi nei suoi piccoli confini, fallire il suo compito e la sua missione palingenetica. Resta, soltanto, una sofferenza maggiore, una sensazione di spaurita solitudine.
Come Tarantino fa film violenti e giocosi, fumetti buoni per evadere e godere di invenzioni visivamente e metaforicamente apprezzabili, Chan-wook azzarda un discorso filosofico alto e profondo, coglie nel segno, ravviva la galleria di indimenticabili personaggi del cinema coreano.
Rispetto alle anime candide venute su a blockbuster, rispetto alle verginelle che aborriscono ogni malefatta cinematografica, anche questa è vendetta.
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