Regia di Nick Cassavetes vedi scheda film
Attraverso una storia ispirata a un fatto di cronaca, Nick Cassavetes riproduce, secondo i canoni del cinema post-tarantiniano, uno spietato spaccato di certa società americana. Dove quello che manca sembra essere una qualche "normalità". Ci sono famiglie nelle quali i genitori sono pressoché inesistenti - anche perché impegnati essi stessi a tirarsi fuori dai guai giudiziari in cui si sono messi - e i ragazzi si creano un mondo tutto loro, a immagine e somiglianza di quello adulto, laddove è regolare essere stonati da droghe varie per la maggior parte del tempo e dove, un po' per gioco e un po' seriamente, riproducono le logiche della mala apprese osservando i "grandi". Dall'altro lato, vi sono famiglie che allevano i loro figli nella bambagia, chiudendoli in una campana di vetro e rendendoli indifesi nei confronti della vita.
Proprio un ragazzo proveniente da quest'ultimo tipo di famiglia è la vittima sacrificale di Alpha Dog. Rapito per vendetta verso il fratello, uno spacciatore nazistoide di mezza tacca, infatti, il quindicenne Zack prende la sua "strana" prigionia come un'avventura di iniziazione alla vita (beve birra, ha la prima esperienza sessuale), rifiutandosi perfino di fuggire quando gliene viene offerta l'occasione.
Il film del figlio di John Cassavetes non è un capolavoro, però è fatto bene, non indulge a una violenza eccessiva ed utilizza un episodio preso dalla cronaca (e punito dalla legge) per abbozzare un discorso critico sulla società americana.
Se un difetto c'è (e di certo qualcuno ce n'è), a mio parere è da ravvisare nella descrizione del fratello di Zack, Jake Mazursky, che è suo malgrado il motore della vicenda e la causa finale della morte del fratellino: a un certo momento viene descritto come un campione di arti marziali e nel finale scompare un po' troppo bruscamente.
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