Regia di Larry Charles vedi scheda film
Ci sono una risposta semplice, e una complessa, per quasi ogni domanda che viene posta: c'è un modo semplice, e uno complesso , di vedere quasi ogni film che viene fatto. "Borat", grande successo a sorpresa negli Stati Uniti, è un caso che è giunto nelle nostre sale diversi mesi dopo la sua esplosione ai botteghini americani: si tratta di un falso documentario su un reporter kazako in visita di lavoro in USA, e l'umorismo che emerge è non consolatorio, spesso pesante e spiazzante, con volgarità a profusione, quasi una derivazione "splatter" della comicità demenziale inventata da Landis, Belushi & Co.. C'è gente che si alza dalla poltrona e si lancia verso l'uscita, specialmente dopo la già famigerata scena della camera d'albergo ( picco di oscenità generante un riso forse demente, e forse no): e allora sorge un'altra prospettiva, e "Borat" diventa parente stretto del cinema disperatamente provocatorio di Ciprì e Maresco, quelli di "Cinico tv" e "Lo zio di Brooklyn", e appare chiaro l'intento aggressivamente sarcastico del falso documentario. Considerando che le riprese sono state quasi interamente realizzate come se la pellicola fosse una candid-camera extralarge, viene fuori un quadro derisorio e allo stesso tempo allarmante degli Stati Uniti di oggi, con gente che sfugge correndo uno sconosciuto che tende la mano in una affollatissima via newyorkese, o una folla presente a un rodeo che applaude lo sconnesso discorso del protagonista circa la guerra in Iraq e i suoi orrori, ululando con fierezza. Qualche cosa non funziona,nella seconda parte il tentativo di racconto si inceppa un pò,ma attenendosi all'inquadratura del sistema di vita americano odierno, se si arriva a questo grado di lettura, riconoscendo dietro la risata grassa un furore derisorio quasi ferreriano, si ha modo di riconsiderare questa versione 2000 e oltre di "Che ve ne sembra dell'America",tanto per citare William Saroyan.
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