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The Good Shepherd. L'ombra del potere

Regia di Robert De Niro vedi scheda film

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La recensione su The Good Shepherd. L'ombra del potere

di FilmTv Rivista
8 stelle

L'uomo è discreto, non appariscente, quasi invisibile in mezzo ad altri uomini come lui, cappello a tesa stretta, impermeabile beige, occhialini tondi, giacca e cravatta. Un "uomo in grigio" come tanti, all'apparenza un prototipo dell'americano medio degli anni 50 e 60. Ma Edward Wilson è un uomo tutt'altro che medio, come gran parte degli altri che lo incrociano, con i quali scambia parole in codice e sguardi segreti: di origine ricca e colta, tra gli studenti più brillanti di Yale, con un codice etico rigorosissimo, Edward Wilson è un "patriota": selezionato già nel 1939, quando studiava poesia all'università, per entrare a far parte della "Skull and Bones" (una confraternita segreta della quale fanno parte i migliori rampolli dell'alta società, destinati a guidare le sorti del Paese), poi membro dell'OSS (l'Ufficio Servizi Strategici) durante la Seconda guerra mondiale, infine, subito dopo, tra i primi membri della neonata Cia, Central Intelligence Agency, spionaggio e controspionaggio, manovre volte a consolidare il potere internazionale degli Stati Uniti, azioni tese a preservarne la sicurezza nazionale. L'insignificante Edward Wilson è una spia di altissimo livello, da "stanza dei bottoni", non uno dei ruvidi esecutori che popolano i romanzi di Ellroy; vive in un mondo fatto di segreti sconvolgenti, di tradimenti improvvisi, di sfumature percettibili solo da occhi e intelligenze vivissime. Un mondo dove la paranoia, la sfiducia, la solitudine sono la regola. The Good Shepherd comincia il 10 aprile del 1961, alla vigilia dell'invasione americana di Cuba e del suo fallimento. La vita del protagonista ha già attraversato la Seconda guerra mondiale e gli anni della Guerra fredda; la sua acuminata sensibilità giovanile e il suo idealismo integerrimo sono già stati levigati da un mestiere che impone continue scelte tra lealtà diverse, al Paese piuttosto che ai propri amici o ai propri figli o a se stessi. Questo passato, questo percorso attraverso un vita e un'America in caduta libera verso l'incubo paranoico e il vuoto ideale sono ricostruiti dai flashback che si intrecciano continuamente al presente, in una narrazione che coniuga la fluidità classica con un incessante flusso di coscienza e di memoria. Robert De Niro (che si è ritagliato una piccola parte simbolica) racconta la sua storia (elaborata dallo sceneggiatore Eric Roth sulla scorta delle confidenze di veri agenti della Cia) con una sicurezza acquisita dai suoi maestri (soprattutto Scorsese nel pedinamento ostinato del personaggio e nell'abilità dell'uso del flashback, ma anche il Coppola dell'interrogativo morale e del contorto, ambiguo fascino del potere) e con l?onestà già dimostrata con la sua prima regia, Bronx: non strafà, non ricerca la decorazione o l?effetto, più interessato al dilemma morale che alla parabola ideologica. Eppure (aiutato da un intero cast in stato di grazia) ci restituisce un affresco storico che allunga le ombre e le sue minacce sull'oggi.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 17 del 2007

Autore: Emanuela Martini

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