Regia di Robert De Niro vedi scheda film
Seconda prova da regista per Robert De Niro a tredici anni dal primo passaggio dietro la macchina da presa, per un lavoro che avrebbe dovuto iniziare a comporre una trilogia sulla Cia, ma a giudicare dai non sfolgoranti incassi raccolti, probabilmente rimarrà un'opera singola : "The good shepherd" ( "Il buon pastore") parte a ritroso, dal fallimento della tentata invasione della Baia dei Porci a Cuba, nel 1961, giungendo agli inizi della Guerra Fredda,praticamente la prima fase del corso storico della Agency, prendendo come punto di vista il racconto dell'esperienza di Edward Wilson,personaggio fittizio ma ispirato,ovviamente ad alcuni realmente esistiti tra i primi uomini di potere all'interno dell'istituzione. Le spalle incurvate, un cappello calcato sulla testa sempre alla medesima altezza, gli occhi avviati a un distacco sempre meno emotivo, il Wilson dipinto da De Niro, è un "uomo grigio" che accetta compromessi al sangue, eliminazioni fisiche, slealtà varie e ricatti internazionali per tutelare gli interessi del suo paese, tramite l'operato suo e dei suoi colleghi. Lo zampino di Coppola, tra i produttori della pellicola, si nota nell'allestimento di "The good shepherd", ma il film, che soffre un eccesso di durata di perlomeno venti minuti, tradisce un'ambizione coppoliana senza arrivare a possedere la forza tragica delle opere migliori dell'autore de "Il padrino". Sia chiaro, è un buon film questo, ma più interessante che bello, e trova soprattutto nella seconda parte una chiave tra suspence e dramma etico che rialza non di poco le sue quotazioni, come positiva è la sottolineatura di un'assurda ferocia clandestina per mantenere uno status che permettesse agli alti funzionari di fare le loro belle cene e i loro giulivi coretti, in cambio della pelle di qualche oscuro sospetto di doppio gioco o puro disgraziato. Del cast, molto ben diretto, è giusto dir bene: forse, il migliore, ma di poco, è William Hurt, corpulento e corrottissimo.
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