Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
La battaglia di Iwo Jima vista dall'altra parte della barricata. Gli orrori sono lo specchio di quanto visto in Flags of Our Fathers: i soldati americani tirati giù nei tunnel e seviziati lo sono per rabbia, vendetta e un claustrofobico senso di morte imminente, mentre i giapponesi che si arrendono vengono eliminati senza pietà dai nemici, che vanificano tutti i lori sogni ed il loro bagaglio etico perché non gli va di stare a sorvegliarli. Ognuno dei ritratti umani che emerge dalle lettere va a comporre un mosaico vario e sentito: il fornaio strappato alla giovane moglie incinta che spera di rivederla, l'ex poliziotto buttato fuori perché si è rifiutato di compiere un'azione crudele, il generale infarcito di ideali nazionalisti ma nostalgico verso la propria famiglia ed il suo lungo soggiorno in America, il sottoposto che urla patriottismo per poi fingersi morto. Ma è Nishi a fornire gli spunti più interessanti: giunge sull'isola per puro senso del dovere, sapendo che sarà una battaglia persa, ma trova nel soldato americano ferito un contraltare di umanità che si insinua nei cuori di tutti i presenti. Gli manca qualcosa (forse una conclusione più incisiva, che magari mostrasse il ritorno a casa di Saigo), però è un'opera intensa, sentita, sepolcrale ma tutt'altro che disumanizzata. Insieme al suo gemello costituisce un'esperienza cinematografica che, nel contesto del cinema americano anni duemila, è davvero sorprendente.
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