Regia di Kevin Macdonald vedi scheda film
Nicholas Garrigan, giovane scozzese fresco di laurea, raggiunge l'Uganda per lavorare presso l'ospedale di una associazione umanitaria. Conosce casualmente Idi Amin, neo presidente e futuro dittatore, aderisce alla sua causa, ne diventa il principale consigliere, poi si innamora ricambiato della moglie, intuisce di rischiare di brutto e finisce per essere braccato dagli squadroni della morte. Diretto dal documentarista Kevin Macdonald come fossimo negli anni 70, il film è molto interessante da un punto di vista psicologico. La figura di Amin è in fondo secondaria, lo "sfondo" a una vicenda prettamente occidentale, quella della potenza coloniale che non molla l'osso, se è costretta a farlo lo fa nel peggiore dei modi (golpe, traffici, sfruttamenti...) salvo poi farsi venire i sensi di colpa e cercare di dimostrare come siano buoni i bianchi. Può darsi che la parabola del dottorino sia fin troppo programmatica e strumentale (lo è), ma ciò non toglie al film una sua drammatica energia. La storia della decolonizzazione africana la si racconta così anche per rendersi la vita più facile, riducendola a una tragedia dalle tinte shakespeariane (non a caso il laido agente segreto è così teatrale...), ricorrendo a una drammaturgia da romanzone d'avventura con i suoi amori melodrammatici e le sue rocambolesche fughe. Un film bello non per quel che è ma per quel che rappresenta: il cuore di tenebra del nostro mondo.
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