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L'ultimo re di Scozia

Regia di Kevin Macdonald vedi scheda film

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La recensione su L'ultimo re di Scozia

di scapigliato
8 stelle

Impreziosito dall’Academy Award a Forest Whitaker, il film di Kevin McDonald, l’apprezzato regista de “La Morte Sospesaa” e “Un Giorno a Settembre”, è una bella sorpresa anche per l’attore protagonista James McAvoy. L’ex fauno de “Le Cronache di Narnia” è qui un vitale medico scozzese che scappa dalla tristezza della sua terra per cercare il calore di un altrove e un altrieri che possano entusiasmarlo. Un po’ rocambolescamente sceglie e parte per l’Uganda, arrivando proprio nel bel mezzo di un colpo di stato. Il generale Amin, detto il Cannibale dalla stampa estera, maschera sotto la sua gogliardica umanità il nero volto di un dittatore. Noi, lo vediamo proprio come lo vede il giovane protagonista: Amin non lo crediamo così feroce, fino almeno davanti al fatto compiuto. C’è spazio per diversi intrecci amorosi che non interferiscono, fortunatamente, con la linearità narrativa della continua discesa infernale del giovane medico scozzese. James McAvoy, va detto, riesce a stupire più del premiato Whitaker. La padronanza dei gesti e l’istintività della recitazione lo avvicinano al colore del film stesso che di suo vuole già ricordare il colore dell’estetica anni ’70, riusciendoci a metà. McAvoy nasce il 1 gennaio 1979, quindi non è poi così azzardato riconoscere in lui quella grazia tipica dei giovani volti del 1978, ancora oggi poco apprezzati, ma una spanna superiori ad altri attori del momento. É ancora inspiegabile come abbia più credito presso l’industria cinematografica un nome come Colin Farrell e non quello di James Franco. É ancora inspiegabile come sia possibile che nomi come Josh Hartnett e Ashton Kutcher balzino agli onori della cronoca solo per le rispettive compagne (Scarlett Johansson, ex di Hartnett, e Demi Moore, moglie di Ash). Speriamo che in tempo breve venga riconosciuto al ’78 la propria capacità attoriale/autoriale.
Il delirio onnipotente di chi crede di incarnare il volere di un popolo, popolo tra l’altro triviale e facilmente suscettibile ed impressionabile, è il risultato di un massacro occorso in Uganda in quegli anni, ma è anche, con la forza del cinema unito al rimando storico, il paradigma degli orrori di oggi. La società odierna, tra l’altro anche nei paesi cosidetti “civili”, è piena di Presidenti che credono di essere degli unti del Signore, e di incarnare con la propria sbandierata onnipotenza, il volere di un popolo intero. L’unica differenza, allarmante, è che il popolo in questione non è triviale e quindi suscettibile ed impressionante, dovrebbe essere lucido, intelligente, avanzato e progressista.

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