Regia di Renato Pozzetto vedi scheda film
Pozzetto è invecchiato. E quando s’invecchia si porta con sè sul viso sul corpo e nell’animo tutto ciò che si è stati. E Pozzetto è stato il più grande di tutti. Eh la madonna se lo è stato! Tornare al cinema come regista e autore a così tanto dal suo ultimo vero successo, che è stato “Le Nuove Comiche” del 1994, anche se i suoi ultimi film non sono male, è un’operazione rischiosa che il “contadino” del Derby ha vinto alla grande. L’Italia non è ancora pronta per Pozzetto, come l’America non lo era (e non lo è ancora) per Buster Keaton. Renato non è un signor attore, ha una gamma di espressioni inferiore a quella di Clint Eastwood (Clint Eastwood!!), la modulazione della voce è la solita pragmatica da buon milanesotto, senza il colore e i toni che servirebbero ad un attore di cinema. Renato-regista salta qualche convenevolo con il cinema (vedi anche in “Papà dice Messa”). Non si preoccupa della storia e dei dialoghi, se non sono quelli “suoi”, quelli comici e surreali. É impreciso nella confezione finale, che ci sembra telefonata, messa lì perchè andava messa lì. Eppure, questi difetti, sono il marchio di un autore diverso. Che non vede il cinema, quindi il mondo, con lo sguardo del narratore e nemmeno del visionario, ma lo guarda come un bozzetto, un’istantanea, una messa in scena facile, strana, sgrammaticata nel suo diventare filmico. Ma come non vedere nell’universo pozzettiano la malinconia. Tutta la prima parte dell’arrivo della donna perfetta, anche se montata da manuale, è sterile. Già dall’inizio ci dice Pozzetto “quest’uomo, questo mondo, questa sua vita sono sterili, asettici, alieni”. Poi, ok, s’inciampa in scene informative, ma così informative, così banalmente informative, che vien da pensare che, nonostante le abbia scritte e girate con convinzione, appartengano sempre a quella sua visione del mondo, forse inconsapevole, e quindi anche del cinema, per cui un certo taglio basso, prosaico e telefonato aiuta ad inquadrare la sua comicità. Initile dire che la Camilla Sjoberg è la donna più bella del millennio, e che Cochi è un amico dal cuore d’oro. Come non dimenticare il loro bacio en travesti.
Il Film chiaramente affonda su temi cari oggi come una volta: la ricerca del partner perfetto, del piccolo orticello dove tutto quadra. Perfetto l’amore, perfetto il corpo, perfetto il lavoro, perfetto il guadagno, perfetta la borghesità, la società, il sistema, la politica. Che tutto quadri! Che tutto giri bene e oliato in ogni suo ingranaggio! Pozzetto non ci sta, e prima di lui Vittorino Andreoli dal cui romanzo “Yono-Cho” è tratto il film, e decide di metterlo in chiaro prendendo in mano un progetto che prima doveva essere diretto dall’ormai compianto Sanchez e che adesso, rivista sceneggiatura e cast, passa nelle sue mani. Attore, autore, regista e produttore. Pozzetto ci crede, e noi con lui. Crede nel bisogno della genuinità, crede nelle cose vere: “minga tropi verss!!” disum num de Milan. Mica troppi versi, fronzoli, perfezioni, correttezze, apparenze. Autenticità vogliamo. E a dimostrarcelo ci ha pensato il Renato in coppia col Cochi anche in questa avventura. Lo dimostra nella sua faccia, sempre fuori luogo; nelle sue espressioni sempre distaccate e lontane dalla sceneggiata napoletana come dal pathos teatrale; nella sua cadenza rassicurante, nella sua intonazione semplice di campagna; nella sobrietà del suo fare racconto; nella distanza che mette tra lui e il mondo, che sia la Milano di Artemio o del “povero ricco” o altro non interessa. Pozzetto sintetizza in “un Amore su Misura” i tratti malinconici che ne hanno fatta grande la comicità, senza però usarla. In questo suo ultimo film, il Renato preferisce sottrarre, elidere, saltare. Lo fa bene, un po’ rocambolescamente, ma lo fa bene. Alla fine infatti, uccide la donna perfetta con uno sguardo distante che ricorda la scena della doccia di Hitchcock, ma senza Hitchcock. Elide, sottrae salta. Perchè è nello scarto che si fa l’autore, drammatico come comico o di genere. É lo scarto, e il nostro Renato speriamo che scarti ancora per un bel po’.
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