Regia di Andrew Davis vedi scheda film
Come dimenticarlo in “Balla coi Lupi”, in “The Bodyguard” (mia mamma ne va pazza ancora adesso), in “Senza Via di Scampo”, “Fandango”, “JKF”, “Gli Intoccabili”, “L’Uomo del Giorno Dopo” e da ultimo in “Open Range”. Ma con “The Guardian”, qualunque cosa dica la critica, Kevin Costner ci regala una delle sue migliori interpretazioni. Intensa e misurata, sfrontata come sempre e romantica come suo solito. Costner è davvero invecchiato in questo film. Lo era già in “Open Range”, ma lì risaltava ugualmente per via del vecchio Duvall che non lo mollava un secondo. Qui invece, nei mari freddi del Nord, c’è il giovane settantottino Ashton Kutcher, e lo scarto generazione c’è e si vede. Ma nonostante questo, il Costner consumato di “The Guardian” vale ben 10 Costner giovani. Il taglio dello sguardo, la posa da sconfitto peckinpahniano, ovvero dignitoso e sincero, e il ciglio sfrontato che l’ha reso una bella e simpatica canaglia, migliorano con il passare del tempo. Kevin Costner sa commentare personalmente ogni film a cui prende parte. E sembra che questa sua eredità “sfrontata” sia passata ad Ashton Kutcher, che già aveva dato prova di essere credibile e sincero in altri film, uno su tutti “The Butterfly Effect”. Il giovane ragazzotto americano tra i più rappresentativi della categoria belli, fighi e vincenti non è il semplice cicciobello che molta critica amerebbe affondare come una nave da “Battaglia Navale”. Ash è succoso, pieno di proteine, bello sì ma non stupido. Conosce i tempi della recitazione, sa come mettersi da parte e lasciare la scena a chi può darle un’anima.
La regia di Andrew Davis è iperreale come un videoclip, e in alcune parti commentata da sequenze con tecniche documentarische senza però dare una vera anima al film. La modulazione narrativa è infatti tra le più trite e ritrite: trauma iniziale del vecchio esperto, allontanamento dal suo habitat, incontro-scontro con un giovane, superamento del trauma, maturazione del giovane, sacrificio finale del vecchio. E la mano di Davis non sa allontanarsi dai luoghi comuni di tale modulazione, anche se riesce a misurare la retorica dei sentimenti che infatti non travalica mai il buon gusto. Anche l’omaggio sincero, modesto, misurato, agli uomini dell’elisoccorso di New Orleans non è ricattatorio, e lo si supera indenni. La forza di “The Guardian” sta quasi tutta in Kevin Costner e Ashton Kutcher.
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