Regia di Davide Ferrario vedi scheda film
Eccolo, il film da difendere e promuovere con tutte le forze. Esce in poche copie e rischia di avere una permanenza "a tempo": faranno fede gli incassi dei primi giorni. Fondamentale, quindi, il passaparola: andate a vederlo e poi, se vi è piaciuto, come speriamo e crediamo, consigliatelo agli amici. Grazie al tam tam dei (primi) spettatori, Davide Ferrario ha trasformato un film nel quale credevano in pochi, Dopo mezzanotte, in un sorprendente successo. Più difficile La strada di Levi, perché i documentari coinvolgono meno. E allora, a maggior ragione, guardatelo come un road movie che del romanzo La tregua coglie l'aspetto picaresco, "leggero", drammatico e divertente assieme. Ferrario e Marco Belpoliti, insieme alla troupe, rifanno il viaggio di Primo Levi da Auschwitz a Torino, attraverso dieci paesi ma sessant'anni dopo. Quel che ne esce è un?appassionante immersione nelle contraddizioni della nostra Europa e del nostro vivere in uno stato di virtuale guerra permanente. La tregua dello scrittore, quella dalla fine del secondo conflitto mondiale alla Guerra fredda, non è diversa dalla tregua che viviamo noi adesso, dopo l'11 settembre. Per questo il film si apre su Ground Zero e si "ghiaccia" davanti a Chernobyl, dopo aver contemplato il postcomunismo dei paesi dell'Est e lo sgomento per i rigurgiti neonazisti. La strada di Levi è un film di facce non ancora levigate dal benessere, di corpi in balia della Storia, di riflessi nell'occhio scuro della globalizzazione. Grida di dolore per la mancanza di Memoria che tutti ci condanna, ma sa commuoversi per le piccole storie e i barlumi di umanità. Correte in sala.
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