Regia di Sylvester Stallone vedi scheda film
Eccolo qua, uno di quei testi a cui si è costretti a prestare la massima attenzione metafilmica. Che è ormai gioco sporco e da signorini, però talvolta inevitabile. E anche opportuno, come nel caso del ritorno davanti e dietro la mdp (e alla penna) di Sylvester Stallone. Il quale non ne azzecca una da più di dieci anni, e lo sa bene. Dunque, che fa? Non si candida ad alcuna presidenza: torna sulle orme del pugile che l?han premiato e reso noto, e riflette sulla condizione (personale, ma non solo) della star, di una generazione hollywoodiana che sta scomparendo (al di là di ogni giudizio di merito), su un orizzonte che un tempo si vedeva come aspirazione e ora è tristemente un epitaffio. Stallone è ormai un fantasma (occhio all?ultimissima immagine al cimitero, non certo casuale), e anche il suo cinema è trasparente. A rischio retorica e ridicolo involontario: però l?onestà ?autoriale? è tutta lì, in una messinscena d?antan che non esiste più, e in una scrittura limpidissima che ormai fa quasi paura perché ?fuori tempo?. E a suo modo commuove. Rocky Balboa è l?unico film necessario contemporaneo che faccia il punto sul ruolo dell?attore/autore. In questo, fa il paio con Potere assoluto di Eastwood.
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