Regia di Sylvester Stallone vedi scheda film
Rocky Balboa è tornato. VI ed ultimo capitolo della leggendaria epopea umano-sportiva del pugile più famoso ed amato nella storia del cinema, figlio dei sobborghi di Philadelphia, giovane uomo che decise di combattere la miseria e lo squallore a colpi di pugni, perfetta incarnazione del sogno americano, eroe di più generazioni. Insieme a lui il mondo intero ha sognato, sofferto, pianto, gioito. Sly Stallone a 60 anni scrive, dirige e, naturalmente, interpreta una delle più popolari intramontabili icone moderne che la settima arte abbia partorito, realizzando un'opera che è un vero e proprio atto d'amore, la giusta dignitosa conclusione di un'avventura durata 30 anni, da vedere con il cuore, mettendo da parte inutili giudizi di forma. Pervaso da atmosfere che ricordano i primi due capitoli, in questo ultimo round lo 'stallone italiano' è oramai lontano dal ring e dagli storici palpitanti coriacei allenamenti, dirige un piccolo ristorante nel vecchio quartiere natìo ingombro dei trofei della sua onorata carriera, dove è solito intrattenere i convitati, sera dopo sera, snocciolando infiniti (e sempre uguali) aneddoti riguardo il proprio glorioso passato da pugile dei pesi massimi. Schiacciato dal peso dei ricordi, tanti. E troppi quelli che lo legano alla donna di tutta una vita, l'amata Adriana, adesso non più al suo fianco. Incapace di stabilire una reale intesa col figlio, oscurato dalla così ingombrante ombra paterna. Ma il nostro eroe della strada, considerato dagli esperti di boxe l'unico pugile della vecchia guardia a poter competere con il campione in carica dei pesi massimi e addirittura batterlo, riprenderà dal chiodo i guantoni, indosserà gli storici calzoncini della vittoria, si rimetterà in gioco affrontando, in un sempre incontro-scontro al cardiopalma sul ring della gloria, il nuovo roccioso vigoroso florido avversario.
Rivedere Rocky ancora in azione dopo molti anni è come sfogliare un album di vecchie foto, ritornare a casa dopo un’assenza durata anni, riscoprire la parte più genuina e autentica di noi stessi. È riabbracciare un vecchio amico e rendersi conto di quanto ci sia mancato. Lui, sempre uguale a se stesso, la voce degli umili e dei diseredati, col quel volto tumefatto e l'anima gentile rivestita da una corazza di muscoli, con il suo cuore tenero chiuso in un pugno d'acciaio, con le sue frasi brevi ed incisive, pronunciate sempre al momento giusto, con la sua saggia retorica che non risuona mai fasulla. Lui, che riesce ancora a far breccia nei nostri cuori e a commuoverci senza provar vergogna. Ci ricorda che la felicità va cercata ed afferrata, che il successo va costruito giorno dopo giorno con impegno, pazienza, perseveranza, onestà, umiltà, sacrificio, sofferenza. Il suo ottimismo e quella purezza disarmante che lo contraddistinguono ne fanno ancora oggi un mito incrollabile e inossidabile (basti vedere i titoli di coda), un potente raggio di sole che arriva a scaldare e confortare anche lo spirito più provato.
Grazie Rocky Balboa.
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