Regia di Gabriele Muccino vedi scheda film
Il sogno americano secondo un italiano che ha trovato la sua America: tutto talmente palese, evidente, privo di fantasia da risultare semplicemente imbarazzante. Eppure negli Usa il film è stato accolto pure bene. Segno che i tempi cambiano (in peggio, eccome) o solo che uno straniero mediocre può ingabbiare con facilità i quattro stereotipi della cultura a stelle e strisce e farne un risibile lungometraggio e proiettarlo inesorabilmente verso il successo? La narrazione in prima persona della voce esterna fa molto diarietto adolescenziale ed affossa ulteriormente la già scarsa credibilità del raccontino; il bambino innocente, la povertà come prova a cui ci sottopone il dio cristiano, la forza di volontà, l'america multicolore e mutiforme: tante banalità messe assieme non si vedevano da almeno cinquant'anni. Il fatto che la vicenda sia romanzata (ampiamente) su una storia vera, bè, non fa altro che peggiorare la situazione dello sceneggiatore (Steve Conrad) e del regista. Se pensavate che certo datato e vacuo cinema si fosse estinto, bè, eccovi contraddetti.
Un uomo perde il lavoro, la casa e la donna che ama; rimane con il figlioletto ed una voglia di riscatto inesauribile. Stagista broker per una società finanziaria, lavora gratis e sodo a lungo, fino a spuntare un contratto. Felicità, lalalalalà.
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