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La ricerca della felicità

Regia di Gabriele Muccino vedi scheda film

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La recensione su La ricerca della felicità

di pippus
6 stelle

Che dire a chi mi dovesse chiedere un parere su quest’opera di Muccino (dal titolo un po’ pomposo ma, a quanto pare, ripreso niente meno che dal testo della dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti) in trasferta nel Nuovo Mondo? Miglior risposta: “ dipende “!

Ovvero, se ci si aspetta una ricostruzione fedele e verosimile della  curiosa quanto inconsueta vicenda di Chris Gardner, opterei per una magra sufficienza; se, al contrario, si è disposti a rinunciare alla verosimiglianza in favore di qualche risata frammista a qualche commovente apprensione (eventualmente con la famiglia in periodo natalizio), allora la risposta è :" si, non male "!

Preso atto di doverci accontentare consapevolmente della seconda ipotesi, sottolineerei peraltro l’ottima performance del protagonista Will Smith il quale, a mio parere, di nuovo ha manifestato notevoli doti nel sapersi districare eccellentemente in eterogenee tipologie di personaggi ma, come sopra accennato, la sceneggiatura e la regia ci regalano una serie di peculiarità non sempre positive, in particolare per chi, come il sottoscritto, si aspettava da quest’opera un risultato meno retorico e, devo riconoscere, meno ridicolo in alcune sequenze.

In una di queste ultime la logica esigerebbe un chiarimento sulle  motivazioni che hanno indotto Linda, la mamma di Christopher, ( pregevole, tra l’altro, la prestazione di quest’ultimo da parte del vero figlio di Will, Jaden Smith), unico reddito certo della famiglia, ad andarsene accettando di lasciare il figlio a quell’inetto indigente (al momento lei lo riteneva tale) di suo marito ma, non essendo dato conoscerle, non disponiamo di una risposta adeguata senza ricorrere a parole offensive.  

Muccino si prodiga in encomiabili chicche, quali i senza dimora - originali tali-  assunti come comparse per comporre file chilometriche in attesa di un pasto, o un posto al coperto, sottolineando in questo modo la solita piaga americana del welfare quasi inesistente a fronte di una massa affatto trascurabile di emarginati. Per contro, quasi a dare un colpo al cerchio e uno alla botte, nella stessa sequenza colloca la figura del classico americano di successo al volante di una sgommante fuoriserie a tetto scoperto con a bordo altre due “ fuoriserie ” a tette parzialmente coperte per ricordarci come da quelle parti, in linea con il noto “ sogno americano “, si possa anche far fortuna… oppure, più direttamente e meno faticosamente, “avere” la fortuna di essere il rampante rampollo di casa Donald Trump piuttosto che l'anonimo ram(pollo) di casa Donald TRAMP :-).

Voglio sperare che il vero Gardner non abbia realisticamente dovuto correre come il suo personaggio nel film; quest’ultimo in qualche modo se la sarebbe cavata comunque, se non con il lavoro alla Dean Witter, sicuramente con gli ingaggi nelle molteplici maratone organizzate negli States!!!

La mia razionalità mi impone altresì di credere che il Gardner originale, visto l’epilogo delle sue peripezie, fosse dotato di un certo qual senno in quanto Muccino ci propone un protagonista che, in tal senso, qualche remora la induce: con la sua indubbia bontà d’animo lo sventurato ci pone di fronte al quesito se ritenerlo un po’ stolto e ingenuo a causa della congenita sfortuna, oppure tapino e sfortunato a causa della congenita dabbenaggine.

In ultima analisi proporrei una valutazione senza lode e senza infamia di due stelle e mezza in considerazione dell’ottimo staff (anche se con qualche lacuna nel doppiaggio) e della vicenda per certi aspetti veramente da favola alla quale il film è ispirato. Dopodiché mezza stella in più per l'originale idea del cameo finale con l’autentico Gardner che attraversando la strada incrocia e lancia una complice occhiata a se stesso.

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