Regia di Alessandro Angelini vedi scheda film
Da una sua esperienza personale (volontario nel carcere di Rebibbia) Alessandro Angelini ha tratto lo spunto per scrivere e dirigere il suo primo lungometraggio per il grande schermo. Che pone al centro dell'attenzione un giovane educatore che si sforza quotidianamente di trovare gli stimoli necessari per portare avanti il suo lavoro con passione e dedizione. La sua vita privata, al di là di una scialba relazione con una ricca ragazza che lo sognerebbe uomo manager accanto al papà, è quasi azzerata. Mentre la sua famiglia è rappresentata dalla sorella, unica parente rimastagli, tra l'altro in attesa di un bebè. Tutto procede, tra alti e bassi, crisi e rilanci, fino al giorno in cui il padre, un galeotto volutamente dimenticato e lasciato al suo destino, si ripresenta nelle sembianze di "paziente", di carcerato che per un giorno di permesso è disposto a confrontarsi con chiunque, psicologo, direttore o educatore che capiti. È decisamente qui che film si accende, dopo un avvio timido da compitino senza errori ma anche senza cuore. Il confronto tra l'acerbo Pasotti e il navigato Colangeli (premiato forse un po' esageratamente alla Festa del Cinema di Roma) si trasforma ben presto in una bomba a orologeria, in un rimpallo di ruoli e di rancori, in un gioco al massacro che non risparmia niente e nessuno, compresa la dolce sorella che non ne vuole sapere di rivedere l'odiato e nient'affatto rimpianto genitore. Tra gli attori, la migliore è Michela Cescon, un volto spigoloso capace di talentuosissimi sorrisi. La regia è documentaristica, rigorosa nel rapire gli ambienti, interni ed esterni, e nel far soffocare l'ossigeno come quando una coperta ha l'ambizione di bruciare un passato impossibile da cremare.
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