Regia di Alessandro Angelini vedi scheda film
Sarà il solito film italiano! Questa frase è diventata di uso comune e spesso in senso dispregiativo. Per fortuna ci sono le eccezioni. E non i soliti nomi. L’ARIA SALATA di Alessandro Angelini è uno di quegli esordi che lasciano di stucco, fin da subito ti cattura. Un uomo con le manette dialoga con un bambino sul ponte di una nave, lo stanno traducendo dal carcere di Sassari a Roma. Fabio fa l’educatore nel carcere di Rebibbia. Con la sorella Cristina sono cresciuti senza padre, questi non è altro che Luigi Sparti, il quale sta scontando vent’anni per un omicidio e Fabio dovrà occuparsi di lui. I rapporti tra i due sono ostici ma l’educatore farà di tutto per fargli ottenere un giorno di permesso che trascorreranno insieme. Di primo acchito la sinossi potrebbe sembrare ruffiana e prevedibile, Angelini invece sceneggia (con Angelo Carbone) e dirige in modo asciutto, senza fronzoli, punta al sodo nei suoi essenziali e intensissimi 86 minuti. I caratteri aspri, ostinati, orgogliosi e non riconciliati di padre e figlio sono resi alla perfezione. Lo stesso vale per la sorella e gli altri personaggi, anche quelli minori convincono perché sostenuti da uno stile concreto e da dei dialoghi efficaci, mai banali o retorici. Il regista, inoltre, affronta con scrupolo la tematica delle carceri evitando luoghi comuni. L’intensità di molte scene toccano il cuore, commuovono e tengono sulla corda lo spettatore. Merito di un cast ben scelto: Giorgio Pasotti (Fabio) in una delle sue migliori interpretazioni (insieme a DOPO MEZZANOTTE), Michela Cescon una sicurezza, Giorgio Colangeli (Luigi Sparti) magnifico e sorprendente dall’inizio alla fine. Un apprezzamento conclusivo va fatto al titolo bello, originale ed evocativo. Che cos’altro chiedere a un’opera prima?
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