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Io ti salverò

Regia di Alfred Hitchcock vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Io ti salverò

di obyone
9 stelle

 

Gregory Peck, Ingrid Bergman

Io ti salverò (1945): Gregory Peck, Ingrid Bergman

 

Portato negli Stati Uniti da David O. Selznick, per il quale diresse "Rebecca", Alfred Hitchcock fu ceduto in prestito dal rampante produttore a quasi tutte le Major del tempo finché, a 5 anni di distanza dal film che aveva inaugurato il loro sodalizio artistico, arrivò, finalmente, l'occasione di lavorare ad un progetto che interessasse ad entrambi. Il pretesto che riunì i due colossi del cinema nello stesso studio di posa fu il romanzo dello scrittore Francis Beeding "La casa del dottor Edwardes" i cui diritti erano da tempo nelle mani del produttore. Hitchcock voleva girare un film che avesse per tema la psicanalisi mentre Selznick era uno dei tanti personaggi di Hollywood a nutrire per la disciplina freudiana una profonda fascinazione. Il romanzo di Beeding era, tuttavia, piuttosto singolare per cui Hitchcock lo rivoltò come un calzino e grazie allo sceneggiatore Ben Hecht, che aveva agganci nel mondo della psicanalisi, lo ripulì dagli eccessi gotici degli anni '20 fino ad ottenere uno script dai toni analitici e intellettuali che costituì un buon compromesso tra la produzione ed il regista. La prima desiderava un film comprensibile ad un vasto pubblico mentre Sir Alfred, che pretese ed ottenne la collaborazione di Salvador Dalì, avrebbe desiderato un maggior apporto figurativo da parte del pittore surrealista.

Come raccontato a François Truffaut nella celebre intervista, Hitchcock voleva una rappresentazione del sogno diversa da quanto visto sino ad allora. In effetti, nei pochi minuti in cui John Ballantyne raccontava il proprio sogno alla dottoressa Constance Petersen e al professor Brulov, c'era tutto il surrealismo pittorico e cinematografico dello stravagante artista spagnolo, costituito da immagini simboliche, ombre, giochi di luce, cerchi liquefatti ed architetture deformate. I volti, privati di lineamenti e memorie, assomigliavano, a contrario, ai manichini del maestro De Chirico. Il risultato fu decisamente diverso dalle tipiche rappresentazioni del sogno che aderivano a regole e cliché di lunga data come l'utilizzo di filtri che rendessero sfocata la rappresentazione del racconto onirico. Hitchcock ottenne senza dubbio un buon risultato dalle scenografie di Dalì nonostante molti dei progetti fossero stati scartati ad alcune sequenze completamente eliminate dalla sceneggiatura per ridurre i costi e accontentare le pretese della produzione. Il maestro dal baffo all'insù citò il capolavoro del 1929, "Un chien andalou", da lui scritto assieme a Luis Buñuel, nella sequenza delle forbici. Un enorme occhio di carta veniva tagliato. Era la cecità di fronte all'impenetrabile inconscio umano.

 

Gregory Peck, Ingrid Bergman

Io ti salverò (1945): Gregory Peck, Ingrid Bergman

 

In "Spellbound" l'analisi metodica e strutturale del sogno "daliniano" permetteva alla dottoressa Petersen di ricomporre la vicissitudini del proprio amante ricucendo idealmente lo strappo provocato dalle forbici. Di conseguenza, come ogni buon giallo richiedeva, si svelava quanto sepolto nell'inconscio di Ballantyne superando il trauma infantile che, riaffiorato in superficie, aveva innescato lo strumento protettivo della perdita di memoria. 

Hitchcock si regalò pochi e oculati momenti onirici che, tuttavia, venivano elaborati nel corso dell'investigazione psichiatrica secondo un procedimento basato sulla logica. Era una chiara dimostrazione dell'attendibilità scientifica di una branca della medicina non ancora di pubblico dominio e su cui i pareri erano contrastanti. La volontà di evidenziare il nesso tra scienza e psicanalisi rese forse l'apporto di Dalì meno necessario di quanto voluto da Hitchcock. In fondo le discussioni intorno all'interpretazione dei sogni e alla riemersione del trauma erano pur sempre al servizio dell'intreccio giallo che Hitchcock fece rientrare nella variante della "caccia all'uomo". 

'Spellbound" non era un film sulla psicanalisi ma un'avvincente lotta contro il tempo per dare luce alla verità come in molte altre sue opere. Il ruolo della psicanalisi era dunque fondamentale ma non certo totalizzante. 

Che gli aspetti psicologici del dramma fossero, comunque rilevanti, si intuiva sin dall'inizio della pellicola quando il dottor Edwardes veniva turbato dalle righe prodotte dai denti di una forchetta premuti su di una tovaglia immacolata. La stessa cosa si ripeteva più volte giocando sui bianchi abbacinanti di una toilette o sui motivi di una coperta che seppelliva la stupenda Ingrid Bergman sotto una coltre di neve. 

La forma scelta e le tecniche adottate dal maestro resero un capolavoro il film. Ci basti citare l'impeccabile ricostruzione meccanica dell'arma in movimento che consentì al direttore della fotografia di evitare alcune impasse concentrando il fuoco sul revolver anziché sul volto della protagonista. E basti pensare alla suspence ricreata magistralmente oltre la canna della pistola nonostante la protagonista fosse ritratta in campo medio e l'antagonista addirittura fuori campo.

Tuttavia la vera grandezza di "Spellbound", che pose le basi dei successivi "Vertigo" e "Marnie", va cercata nel contenuto e nell'audacia di proporre un personaggio femminile che, forse, due o tre anni più tardi sarebbe stato improponibile all'America post-bellica.

 

Ingrid Bergman, Gregory Peck

Io ti salverò (1945): Ingrid Bergman, Gregory Peck

 

La dottoressa Petersen era una psicanalista capace, dedita allo studio e al lavoro ed Hitchcock la inserì in un ambiente prettamente maschile che ne riconosceva le abilità di medico ma ne giudicava l'essenza inferiore di donna. Constance Petersen avrebbe esercitato il proprio lavoro con perizia fintantoché non si fosse innamorata, pena la perdita della proprie capacità intellettive. "Una donna innamorata occupa l'ultimo posto nella scala dei valori intellettuali" questo era il giudizio del professor Brulov e dei colleghi della clinica. E probabilmente il pubblico che si accostava al film, sul finire del '45, la pensava allo stesso modo. Le donne dovevano essere rimesse, in qualche modo, al loro posto. Gli uomini stavano tornando dalla guerra ed erano pronti a riprendersi i ruoli che occupavano in società.

Hitchcock sembrò avallare le posizioni accademiche sul ruolo femminile nella psicanalisi. Spalancò ben sette porte al primo bacio tre Constance e John. Fece del loro amore un dramma in cinque atti e di Constance lo zimbello innamorato di un assassino nel poema della vergogna. Alla fine, però, il colpo di scena ordito da Hitchcock non fu tanto la brillante risoluzione del caso da parte della psichiatra ma la dimostrazione che le competenze professionali di una donna non svanivano con una cotta. La donna era dunque in grado di far convivere fruttuosamente la propria sfera emotiva con quella razionale, il proprio lato privato con quello professionale.

Gli uomini erano avvisati. E lo erano le donne affinché fossero maggiormente consapevoli del loro ruolo. (V.o.s.)

 

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Ingrid Bergman, John Emery

Io ti salverò (1945): Ingrid Bergman, John Emery

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