Regia di Mel Gibson vedi scheda film
La capacità di Mel Gibson di immergere lo spettatore in un'atmosfera arcana e misteriosa, come quella di una civiltà precolombiana di cui si sa davvero poco, annega in una sceneggiatura tipicamente all'americana, che banalizza tutto secondo i soliti vecchi e triti stereotipi. Tanto che il film è apprezzabile soprattutto come un esempio del genere avventuroso, molto al di sotto delle ambizioni filologiche del regista (che chissà cosa s'inventerà al suo prossimo film). Certo, però, che Mel Gibson poteva almeno risparmiarci i siparietti pseudocomici con al centro lo scemo (nonché ciccione) del villaggio, che sembrano presi in prestito dagli spaghetti western degli anni '60 e '70. Anche la morale ecologista enunciata abbastanza chiaramente nel film, pur apprezzabile, è trattata in maniera un po' troppo semplicistica. Per la verità, va detto che il film si anima quando l'azione si trasferisce nella città Maya, con i quartieri dei miserabili e dei lebbrosi, gli altari dai quali rotolano le teste e i corpi dei sacrifici umani, i riti misteriosi che il regista riesce a far rivivere con sufficiente credibilità. Lo splatter, tanto criticato, non dà quasi mai fastidio, e da antologia del cinema è sicuramente (e solamente) la fuga di Zampa di giaguaro attraverso il campo disseminato di tronconi umani in putrefazione.
Secondo me, insomma, la montagna Mel Gibson, forte di un budget di 40 milioni di dollari, ha partorito il solito topolino, ma almeno questa volta il topolino ha spunti intelligenti. (4 febbraio 2008)
Un gruppo di Maya della foresta è rapito dai Maya di città, che intendono vendere le donne sul mercato delle schiave e usare i maschi per i rituali sacrifici umani. Uno dei prigionieri, scampato alla morte grazie ad un eclisse di sole, riuscirà a tornare al villaggio natale e salvare la moglie e il figlio, proprio mentre sulle spiagge messicane stanno sbarcando gli Spagnoli.
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