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Casino Royale

Regia di Martin Campbell vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Casino Royale

di scandoniano
8 stelle

“Casinò Royale” è l’ennesimo episodio dedicato all’agente 007; stavolta Bond è alle prese con un losco finanziatore d’imprese illecite, nonché amante del poker. Nonostante inseguimenti, sparatorie e lotte corpo a corpo, James Bond stavolta vivrà dei veri momenti di difficoltà da seduto, prima ad un tavolo verde, poi su una sedia particolarmente dolorosa. La Bond-girl di turno è Eva “grazie signor Bertolucci” Green, che fa la contabile dell’agenzia di spionaggio ed è costretta a fingersi amante di Bond. Alla fine tra i due scatta l’amore, ma come al solito è un amore impossibile per 007.
Il film è decisamente bello: avvincente ed elettrizzante, ma anche ricco della suspense necessaria.
L’ultimo capitolo (o meglio l’ultimo uscito) dedicato alla saga dell’agente più famoso della storia del cinema è però contemporaneamente anche il primo di Daniel Craig. Il suo esordio è un flop: il biondo astro nascente del cinema aggiunge ai già erronei connotati di base, un’espressione da pesce lesso che non si vedeva dai tempi di Jimmy “Il fenomeno” e che ha avuto recenti esempi anche nelle espressioni di Derek Zoolander, quando s’impostava con le sue mitiche facce. L’unica differenza, anche se sostanziale, è che Stiller le faccette le faceva apposta, Craig invece ha quest’espressione da “bello, bello, bello, in modo assurdo” che gli è congenita. Si potrebbe obiettare che il personaggio di Bond è un duro, uno che per di più ha un’irreprensibile flemma tipicamente britannica, ma, a tali obiezioni, si possono portare gli esempi celebri di Roger Moore, Timothy Dalton, persino Pierce Brosnan, senza andare a scomodare sua altezza Connery: tutti hanno fatto meglio di Craig, dimostrando che si può fare il duro inglese senza passare per un fesso.
C’è tanta Italia in questo film: la scena finale a Venezia, gli attori Giannini, Murino, Santamaria e i mezzi pesanti griffati a tutto schermo “New Holland”, ma l’Italia non ne esce bene: Santamaria è un bastardo da competizione il cui personaggio sfiora l’autismo, la Murino è una ninfomane doppiogiochista spietata, Giannini passa per il più bastardo dei traditori, Venezia quasi viene rasa al suolo facendo leva sulla sua fragilità strutturale. Italiane sono anche le magnifiche location lacustri che di tutto il film sono l’immagine migliore dell’Italia (una delle tante immagini naturali per cui Gorbaciov, in visita in Italia, disse: “Se fossi il vostro Presidente questi magnifici paesaggi li tasserei!”); peccato però esse non vengano così dichiaratamente associate al Belpaese, facendo sì che anche l’unica occasione positiva di esportazione sana del “Made in Italy” vada a farsi benedire.
Il giudizio finale è che Bond è sempre Bond e, non solo per questo, il film merita.

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