Regia di Larisa Shepitko vedi scheda film
Interessante esordio di una regista che già dal suo primo film dimostrò talento e capacità autoriale. La sua attenzione si concentra soprattutto sulla psicologia dei personaggi e sui loro rapporti (d'amore, di forza, di rivalità). L'ambientazione è la steppa russa, d'inverno tormentata dal gelo e dal vento, d'estate bruciata dal sole e completamente arida. Anzi il paesaggio, con le sue distese di terra asciutta e desolata è così presente nel film, che esso poteva anche intitolarsi anche "Polvere". Credo anzi che la regista volesse mettere in risalto l'insensatezza dell'impresa dei protagonisti (coltivare quella distesa secca), la quale era più frutto dell'deologia e della retorica del regime che del buon senso. La trama vede la progressiva crescita della rivalità tra un lavoratore che vuole mostrare a tutti e a se stesso quanto sia duro, impassibile, e senza sentimenti, e un ragazzotto alla sua prima esperienza nel "kolkoz". Basterebbe un piccolo gesto di buona volontà da una delle due parti, ma ciascuno preferisce il suo orgoglio fino alla fine. E' un film amaro, specie nel finale, ma che offre anche squarci di lirismo e dolcezza, come negli scambi di sorrisi e di intese tra il ragazzo e la pastorella (nella sua pudicizia e umiltà assai più femminile e bella che le odierne veline nostrane). E' interessante anche l'analisi del rapporto tra il duro e la ragazza che gli spasima attorno: lui la tratta aspramente e con sufficienza, eppure lei è come drogata e inebriata dalla sua persona e non sa resistergli, qualunque maltrattamento e umiliazione le infligga. E' una cosa che ho visto spesso. Le atmosfere del film ricordano "L'infanzia di Ivan", quasi coevo, del grande Tarkovskij.
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