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Le rose del deserto

Regia di Mario Monicelli vedi scheda film

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La recensione su Le rose del deserto

di hallorann
4 stelle

Era doveroso dare un’opportunità al novantenne Mario Monicelli, maestro della commedia all’italiana e autore di alcuni capolavori come I SOLITI IGNOTI, L’ARMATA BRANCALEONE e UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO, di poter continuare a fare film dopo circa sette anni da I PANNI SPORCHI. Visto e considerato che il quasi centenario portoghese Manoel De Oliveira gira una mattonata all’anno perché i nostri grandi vecchi non devono avere il diritto di esprimersi ancora? Il regista viareggino è ripartito con un ambizioso progetto ispirato a IL DESERTO DELLA LIBIA di Mario Tobino e al brano IL SOLDATO SANNA da GUERRA D’ALBANIA di Giancarlo Fusco, ambientando LE ROSE DEL DESERTO durante l’occupazione italiana in Libia intorno al ’40-’41 e girando in Tunisia in precarie condizioni economiche e meteorologiche. Monicelli è svelto e sbrigativo, dimostrando un’intatta padronanza dei mezzi nonostante lo “scatolone di sabbia”, ciò che difetta è la sceneggiatura e i dialoghi che arrancano a più riprese tranne nella scena del matrimonio-funerale e nell’ultima mezz’ora. Altri tempi quelli de LA GRANDE GUERRA e di MEDITERRANEO, i cosceneggiatori A.Bencivenni e D.Saverni non sono L.Vincenzoni, Age & Scarpelli, persino Salvatores alle approssimazioni dello script avrebbe sopperito con l’improvvisazione guidata e le caratterizzazioni. Il film sale di tono ogni qualvolta entra in scena il burbero frate dal cuore d’oro di Michele Placido, davvero in gran forma, e la divertita partecipazione del critico Tatti Sanguineti nei camerateschi panni del generale Pederzoli (un omaggio ai personaggi delle comiche del cinema muto). L’interpretazione di Giorgio Pasotti/tenente Salvi è impalpabile, il romantico e ripetitivo maggiore Strucchi di Alessandro Haber è troppo contenuto e “per il bene che gli vogliamo” noioso, gli altri non sfigurano ma neanche lasciano il segno. I riferimenti alle “recenti missioni di pace” in Iraq sono circoscritte a poche battute, sull’assurdità della guerra e sul carattere degli italiani in terra straniera è stato già detto tutto e meglio altre volte, in conclusione una simpatica commediola e niente di più. Ad maiora Monicelli.

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