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Grizzly Man

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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La recensione su Grizzly Man

di cheftony
9 stelle

“Devo difendere il mio territorio se voglio restare in questa zona. Perché se mostro debolezza ne approfitteranno, mi prenderanno, mi decapiteranno, mi faranno in mille pezzi. E sarò morto. Ma finora ho resistito. Resistere... Di solito sono un nobile guerriero qua, il più delle volte gentile. Sono come un fiore, come una mosca sul muro. Osservo, resto sulle mie, senza essere in alcun modo invadente. Occasionalmente vengo sfidato e allora in quel caso il guerriero gentile deve, deve, deve trasformarsi in un samurai così... così formidabile, così impavido di morire, così forte da vincere. Vincerebbe. Allora anche gli orsi crederanno che tu sei il più forte e in un certo senso devi esserlo se vuoi sopravvivere in questa terra con gli orsi. [...] Li amo con tutto il cuore, li proteggerò. Sono disposto a morire per loro, ma non squartato dalle loro zampe. Mi batterò, sarò forte, sarò uno di loro. Sarò il loro... signore. Ma sempre un nobile guerriero.”

 

 

Timothy Treadwell, nato Timothy Dexter ed originario di New York, ha vissuto tredici estati consecutive a stretto contatto con gli orsi bruni dell’Alaska, all’interno del Katmai National Park. Ogni estate, dal 1990 al 2003, anno in cui Treadwell e la fidanzata e recente collaboratrice Amie Huguenard vennero aggrediti e sbranati da un orso. Non si trattava di uno studioso un po’ sopra le righe, ma di un uomo dalla vita tribolata che ha trovato negli orsi la sua ragione di essere: ex-alcolizzato ed ex-tossicodipendente, scampato ad un’overdose, ad un certo punto della sua vita Timothy ha cambiato nome e cominciato a millantare origini fittizie, fingendosi australiano di origini inglesi, con tanto di accento ad hoc. A sostegno delle sue estati trascorse in mezzo alle belve di una riserva federale protetta, ha fondato la Grizzly People, un’associazione no profit dedita alla divulgazione sugli orsi bruni.

 

“Treadwell era probabilmente animato dalle migliori intenzioni. Voleva aiutare gli orsi e proteggere le loro risorse. Ma a me sembra che si comportasse come se stesse lavorando con gente mascherata da orso, piuttosto che con animali selvatici.”

 

Treadwell affermava di conoscere il linguaggio degli orsi, si sentiva in qualche modo uno di loro e ne ritraeva il comportamento attraverso la sua telecamera, dal 1999 fino a pochi giorni prima della sua orribile morte. Nel suo lavoro filmico, di cui ci sono pervenute circa 100 ore di girato, il biondo e slanciato Treadwell si metteva in posa come un documentarista provetto e narcisista (era stato un aspirante attore, d’altronde), dando spesso le spalle ad un orso in avvicinamento, di cui descriveva ogni caratteristica con amore e trasporto: nome, carattere, comportamento, quasi fosse stato un innocuo cucciolone.
Nel comporre “Grizzly Man”, Werner Herzog intervista brevemente molti dei personaggi connessi alla vicenda: dal coroner all’ex-fidanzata, passando per amici, ambientalisti e studiosi. Ma quel che è più importante è l’impiego di un bel po’ di materiale filmato da Treadwell, a cui Herzog riconosce intuizioni registiche notevoli e capacità di catturare momenti magici, fra grizzly in lotta, volpi e scenari di (quasi) incontaminata pace artica. Il found footage è effettivamente bellissimo e prezioso: il girato di Treadwell è più studiata messa in scena a sfondo naturalistico che documentario divulgativo, ma conserva intatta e potente la sua valenza testimoniale.

 

 

Dell’orrida fine dei due è rimasta una traccia audio, grazie alla telecamera accesa (ma col tappo inserito) dalla Huguenard durante l’aggressione. L’audio è in possesso dell’ex-fidanzata e co-fondatrice della Grizzly People, Jewel Palovak, che non ha mai avuto la forza di sentirlo. In “Grizzly Man”, Herzog viene ripreso mentre lo ascolta in cuffia, restandone scioccato e pregando Jewel di distruggerlo (consiglio di cui poi si pentirà, ritenendolo stupido). Il nastro è stato depositato in una cassetta di sicurezza, mentre su Internet circola un audio fasullo. Restando in tema audio, è necessario spendere due parole sulla colonna sonora assertiva, essenziale e squisitamente roots da parte di un ensemble guidato dalla chitarra dell’inglese Richard Thompson, che accompagna le immagini con composta potenza.

 

“Quello che mi turba è che in tutti i volti di tutti gli orsi ripresi da Treadwell non trovo alcuna affinità, comprensione o pietà. Vedo solo la travolgente indifferenza della natura. Per me non esiste nessun mondo segreto degli orsi. E questo sguardo vuoto suggerisce solo un semi-annoiato interesse per il cibo. Ma per Timothy Treadwell quest’orso era un amico, un salvatore.”

 

 

Treadwell può essere definito un antieroe herzoghiano? Beh, dei tratti in comune con alcuni dei personaggi interpretati da Kinski ci sono senz’altro: il desiderio di sfidare la Natura ostile come mai nessuno prima, la fiera solitudine, il delirio infantile, primordiale, romantico. Herzog si è fiondato su questo soggetto ricavandone uno dei suoi documentari più belli, ma sottolinea - tanto rispettosamente quanto brutalmente - il suo disaccordo rispetto alla visione armonica della natura da parte di Treadwell, che arrivava ad accarezzare gli orsi, a ringhiare, a comportarsi come loro. Nonostante proclamasse di volerli difendere dai bracconieri, Treadwell era mal sopportato dai guardaparco, che lo richiamarono più volte per i suoi comportamenti incauti e contrari al regolamento della riserva. Paranoico, delirante, un Aguirre in Alaska, che ha pagato nella maniera più atroce il suo cieco e ardimentoso voler essere parte di un disegno perfetto, voler essere tutt’uno con la natura, voler essere un orso.

 

“Treadwell non c’è più. Quanta ragione o quanto torto avesse è una questione che sparisce all’orizzonte in una fitta nebbia. Ciò che resta sono le sue immagini. E mentre guardiamo gli animali nella loro scelta di vivere, nella loro grazia e ferocia, un pensiero si fa sempre più chiaro: queste immagini non sono tanto uno sguardo sulla natura, quanto piuttosto su noi stessi, sulla nostra natura. Ed è questo, per me, che al di là della sua missione dà un significato alla sua vita e alla sua morte.”

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