Regia di Marcello Andrei vedi scheda film
Via di mezzo tra noir e poliziesco, "Il tempo degli assassini" riporta sullo schermo Joe Dallesandro (già protagonista del simile "Fango bollente"), in un ruolo lontananente ispirato alla reale figura di Renato Vallanzasca.
Roma. Piero (Joe Dallesandro), sposato con l'ex prostituta Rossana (Magali Noël) e padre d'un piccolo bambino, assieme a quattro amici - succubi del suo atteggiamento da leader - conduce una vita sregolata, spesso sconfinante nel crimine. Terrorizza il quartiere in cui vive (Primavalle), compiendo azioni spericolate in automobile, esegue piccoli furti d'appartamento, provoca inutili risse e si diverte a tormentare coppiette appartate in macchina. Piero non trascura nemmeno le avventure galanti, illudendo d'amare una ragazzina di Milano, Sandra (Cinzia Mambretti), per poi arrivare invece a farla violentare dal gruppo e condurla in uno stato di tale disperazione che culmina nel suicidio. Indifferente alle attenzioni di un frate, Eugenio (Rossano Brazzi), che ha preso a cuore la situazione degli emarginati cercando di aiutarlo, Piero si spinge sempre più in là, arrivando a seguire il consiglio di Poggi, un trafficante (in realtà confidente della polizia) che gli suggerisce di effettuare una rapina in un'oreficeria. Sorpreso sul fatto, con un complice che viene centrato da una pallottola e tradotto in gravi condizioni all'ospedale, Piero riesce a fuggire senza essere identificato. In seguito non esita ad uccidere barbaramente un amico, sospettato di essere il delatore. Quando scopre che il figlio si è ammalato e la moglie, per garantirgli le cure, ha ricominciato a prostituirsi, decide di organizzare un furto in un appartamento. Da tempo il commissario Cutroni (Martin Balsam), ha la certezza, ma non le prove, che dietro molte azioni criminali che sconvolgono la borgata ci sia proprio la mano di Piero. Cutroni, ormai sfiancato dalla lunga catena di rapine e delitti, quando riceve la segnalazione, fatta da un testimone occasionale, si reca personalmente sul luogo del furto, intenzionato a porre fine a quella insensata serie di atti violenti e distruttivi.
"Anche se i nomi e i luoghi fittizi possono far pensare ad un'opera di fantasia, i fatti narrati in questo film sono tutti, realmente, accaduti. E se è vero che la violenza non ha bisogno di nuove denunce, è vero che meditare su quanto ci circonda può allontanare da noi lo spettro dell'indifferenza."
(Didascalia conclusiva)
Il tempo degli assassini: Joe Dallesandro e Magali Noël
In un malfamato quartiere di periferia, contraddistinto da miseria e malavita, il commissario Cutroni (Martin Balsam), alla guida di 80 agenti, si occupa della sicurezza di 350.000 abitanti. Tra questi, 60.000 schedati dei quali 20.000 al di sotto dei diciott'anni. Una fotografia di una situazione a dir poco drammatica che ricorda, in particolare nella figura del protagonista e dei suoi gregari, la cronaca della "banda della Comasina". È dunque da circostanze reali che trae spunto la coinvolgente sceneggiatura, scritta dallo stesso regista (Marcello Andrei) in collaborazione con Piero Regnoli e Alvaro Barizio. Producono Renzo Maietto (già regista de Le altre, in seguito finanziatore di Papaya dei Caraibi di Joe D'Amato) e la coraggiosa femminista Adelina Tattilo, famosa principalmente per la sua attività editoriale avviata negli anni Sessanta (iniziata con fumetti erotici - Menelik - e proseguita con riviste di nudo tipo Men e Playmen). Andrei, con già alle spalle una terna di titoli interessanti (La cruna del lago, Un fiocco nero per Deborah e Verginità), dimostra di saper gestire nel migliore dei modi possibile quello che il basso budget permette, ma in particolare punta tutto sul contrasto morale, anche e soprattutto sociale, dei due antagonisti principali, interpretati da Martin Balsam e Joe Dallesandro. Nonostante dunque i mezzi siano pochi, Il tempo degli assassini ha molte frecce al suo arco, ad esempio l'ottima cinematografia (di Luciano Trasatti), una discreta colonna sonora (curata da Alberto Verrecchia) e sorprendenti interpretazioni (da segnalare, oltre alle due star citate, Rossano Brazzi in un ruolo che si direbbe essere stato profondamente sentito, al pari della bravissima Magali Noël). Ben scritto e ricco di sfumature sociologiche per nulla banali, il film oscilla tra drammatico, noir e poliziesco, insistendo su un protagonista sofferente e indifferente, almeno quanto perverso, reso tale da un senso distorto di ribellione e rivolta contro un sistema politico ed economico che talvolta può arrivare a generare veri e propri "mostri". Le difficoltà quotidiane dell'uomo comune - legate essenzialmente alla necessità di denaro - costretto a vivere in un perenne stato di schiavitù lavorativa (esemplare il discorso di Piero sul destino del padre, confinato a misera vita in un ospizio, dopo anni di sacrifici), sono in buona parte causa prima di questo comportamento criminale.
"Non ci tengo a diventare vecchio, la vita me la voglio godere adesso", sentenzia Piero, riflettendo appunto sulle condizioni del genitore. Dall'altro lato abbiamo invece un commissario ambiguo, dai risvolti psicologici talvolta spietati: di fronte all'unico personaggio altruista e comprensivo presente nel film (Padre Eugenio), giudica uno dei più innocui componenti della banda come "un delinquente, un nemico della società (...) una nullità, uno zero." Sicuramente, per quanto non manchino adrenalinici inseguimenti automobilistici (ben girati), sparatorie e situazioni exploitation (mai però accostabili per eccesso a opere, per fare un confronto appropriato, tipo Come cani arrabbiati), Il tempo degli assassini ha, narrativamente, una marcia in più. Appare quindi del tutto azzeccata la scelta di proporre, ancora una volta, Dallesandro in un ruolo accostabile a quello di Mainardi, personaggio cinico, violento e "maledetto" che solo qualche mese prima animava le scene di una pellicola molto simile (Fango bollente). Ruolo destinato poi ad essere riproposto anche in Madness - Vacanze per un massacro, diretto dal grande Fernando Di Leo.
Il tempo degli assassini: "la banda di Primavalle"
Curiosità
Ad un certo punto Dallesandro viene inquadrato mentre legge un celebre fumetto della "Editoriale Corno": Il Corriere della paura, n. 15 dell'agosto 1975. Questa scena indica l'esatto periodo durante il quale il film è stato girato.
Un pezzo della colonna sonora (Gang leader) [1] è chiaramente ispirato da "Stand by me" di Ben E. King.
Alcuni brani della soundtrack sono cantati da Sammy Barbot, celebre ballerino e presentatore, sul finire degli anni Settanta, di svariati programmi musicali. Barbot, in tale veste, compare anche in un paio di pellicole: Roma drogata la polizia non può intervenire (Lucio Marcaccini, 1975) e Scusi, lei è normale? (Umberto Lenzi, 1979).
Il montaggio del film è stato curato da Giulio Berruti, regista di due film diventati di culto: Noi siam come le lucciole (1976) e Suor omicidi (1979).
Il Corriere della paura letto da Piero
Citazioni
"Lei è costretto a chiudere gli occhi, a ingoiare veleno, a subire la corruzione che è sopra di lei e a vendere la sua coscienza per un tòzzo di pane. Beh... allora, avanti: abbia il coraggio di andare fino in fondo; prenda la rivoltella che ha nel cassetto e cominci ad eliminare quella immondizia, in nome della legge. Se quello che le interessa è soltanto soddisfare il suo orgoglio, credo che questo dovrebbe bastarle. Ma se, invece, pensa di assolvere così a un suo preciso dovere, allora mi permetta di dire che lei si sbaglia. E che uccidere non è mai servito a niente commissario, perché i morti non hanno mai risolto i veri problemi dei vivi. Mai!"
(Padre Eugenio, rivolto al commissario Cutroni)
"La popolazione aumenta con un ritmo vertiginoso e la gente ha fame. E quando la gente ha fame, diventa disperata. E quando la gente è disperata, diventa violenta. Io devo curare 350.000 cosiddette anime, delle quali circa 60.000 sono schedate e hanno precedenti penali che vanno dalla rapina a mano armata all'omicidio. E di quei 60.000, 20.000 sono al di sotto dei diciotto anni. E come assistenti ho solo un'ottantina di fraticelli..."
(Commissario Cutroni)
"Sono ragazzacci, destinati tutti a morire prima o poi...."
(Poggi)
"Le cose le devi cambiare, non distruggere..."
(Padre Eugenio/Rossano Brazzi, rivolto a Piero)
Il tempo degli assassini: Joe Dallesandro
Critica
"Dallesandro è un bulletto di periferia a capo di una masnada di giovani ladruncoli in Il tempo degli assassini (1975). Doppiato con accento romanesco, sbraita, corre, si ubriaca, maltratta la moglie battona Magali Noël e coccola il pupo in fascie come in Flash (1968), sogna il colpo grosso ma poi ciondola insieme alla sua ghenga tra sale giochi e autoscontri, e subisce a capo chino le ramanzine del fratacchione Rossano Brazzi. Come accade negli altri lavori prodotti in quel periodo da Carlo Maietto e Adelina Tattilo, le ambizioni sociologiche si intrecciano con le concessioni al noleggio. Il tempo degli assassini inizia come una variazione sul tema di Una vita violenta, ammicca al poliziottesco con il personaggio del manesco e rancoroso commissario Martin Balsam e scivola nel melodrammone con la vicenda della ragazzina ingenua che Dallesandro seduce, ingravida e dà in pasto agli amici in una scena di violenza collettiva di rara sgradevolezza."
(Roberto Curti) [2]
"Presentato da Adelina Tattilo, editrice di Playmen (la scimmiottatura italica di Playboy), è uno dei tanti film sui 'giovani della Roma violenta' in questo caso non pariolini annoiati ma ragazzi di borgata, non meno spietati e ugualmente irritanti e indifendibili. Se la molla della violenza per i ragazzi bene delle pellicole similari è il vuoto esistenziale, per Joe Dallesandro e la sua gang è il rifiuto di adeguarsi a un'esistenza 'normale' che, a loro modo di vedere, può riservare al massimo l'internamento in un ospizio dopo una vita di lavoro, come, del resto, è accaduto al padre del protagonista. Così, l'icona della factory cinematografica di Andy Warhol e Paul Morrissey capeggia una banda di trucidi teppisti della strada che vivono alla giornata rubacchiando, stuprando fanciulle e pestando frati che tentano di redimerli! Il bel Joe, oltretutto, orgoglioso padre di un bambino avuto da una prostituta (alla quale però non vuole legarsi e che continua a mandare a battere), trova pure il tempo di sedurre una petulante ragazzina milanese, metterla incinta e indurla al suicidio. Il tentativo dei ragazzotti di entrare nel giro grosso segnerà l'inizio della fine. Che dal punto di vista dell'indagine sociale il film sia alquanto grezzo poco importa, ciò che conta è che Andrei inserisce numerosi elementi da poliziottesco che fanno guadagnare punti alla pellicola: spericolati inseguimenti d'auto, sparatorie, il commissario Martin Balsam ben calato nel suo ruolo, persino il frate redentore interpretato da Rossano Brazzi si rifà alla logica del genere, in contrasto com'è con i suoi superiori che non ne approvano i metodi. Il ritmo non è sempre elevatissimo, certo, ma il film fila via liscio fino all'inevitabile, tragico epilogo. Peccato che per la maschera inconfondibile di Guido Leontini ('an vedi che orango!' lo schernisce uno dei ragazzi fermati in questura) ci sia solo una particina da brigadiere..."
(Daniele Magni e Silvio Giobbio) [3]
"Little Joe. Andy Warhol e Paul Morrissey lo utilizzarono come puro corpo (preferibilmente nudo), un oggetto che si muove indifferente in una società grigia, squallida e altrettanto indifferente e ne fecero il protagonista di una trilogia (Flash, Trash, Heat) che mandò in visibilio gli amanti della cultura pop e qualche intellettuale omosessuale. L'errore del cinema italiano fu quello di trasformare un'icona pop in un giustiziere bulldozer (l'attore era stato un giovane culturista), non tenendo conto che l'oggettività di Dallesandro, in un contesto narrativo tradizionale, si sarebbe tramutata in inespressività. I risultati, talvolta, sono stati involontariamente comici (come nel Il tempo degli assassini, dove il prete Rossano Brazzi cerca di riportare sulla retta via l'ombroso Joe), talvolta più azzeccati, quando s'è riuscito a combinare la grinta e il maledettismo (Fango bollente, Vacanze per un massacro)."
(Andrea Pergolari) [4]
Il tempo degli assassini: Martin Balsam
Visto censura [5]
Dopo travagliate vicissitudini, Il tempo degli assassini ottiene nulla osta n. 67629 in data 3 aprile 1976. Una prima revisione, datata 17 dicembre 1975, stabilisce, in accordo con lo stesso regista, di effettuare i seguenti tagli:
1) alleggerimento della sequenza all'uscita del Luna Park, con la ragazza appena tirata fuori dalla macchina;
2) sequenza della violenza carnale alla giovane svenuta; tagliare dalla battuta del ragazzo: "Ti sei mai fatto una svenuta?";
3) alleggerimento della scena della coppia nell'auto, allorché l'uomo dice: "Mi ha fatto perdere il filo";
4) alleggerimento della scena d'amore tra Dallesandro e la ragazza a letto.
Due giorni dopo, s'impunta uno degli esaminatori per un taglio, a suo dire, non corrispondente alla richiesta:
"(...) Visionati i tagli effettuati dalla produzione del film, i quali vengono repertati nella misura di metri 30, si delibera che sia vietata la proiezione in pubblico del film ai minori di anni 18, in considerazione della fortissima carica di violenza cui la vicenda è improntata, del modo in cui essa è impostata e condotta e delle numerose sequenze in cui, con dovizia di particolari e forte presa emotiva e suggestiva, sono rappresentate manifestazioni di detta violenza, in particolare esplicantesi in episodi criminosi sicchè il film, malgrado l'avvenuta attenuazione di scene erotiche, è controindicato alla particolare sensibilità dei minori di anni 18, anche perchè tale da poter indurre all'imitazione dei crimini icasticamente descritti e da fomentare l'odio e la vendetta.
Il Prof. Sesso (letteralmente dal verbale, n.d.r.), in minoranza, è per il diniego del nulla osta in quanto il taglio di cui al punto 2 del verbale, del giorno 17, non è stato effettuato nel modo completo e cioè come aveva deciso in precedenza la Commissione all'unanimità."
Solo quattro mesi dopo giunge il visto censura, accompagnato dalla seguente dichiarazione:
"La Commissione, all'unanimità, ravvisa di dover confermare il giudizio di I° grado, sia per le sequenze erotiche sia per le sequenze di violenza particolarmente impressionante (omicidi, suicidio) in un clima di suspence particolarmente tragica, non adatta sicuramente ai minori degli anni 18."
Metri di pellicola, accertati, 2761 (circa 101').
La versione integrale
Sino a poco tempo fa si dava per integrale l'edizione VHS "Eden", della durata complessiva pari a circa 98'. Una splendida copia del film (durata: 101'40"), in alta definizione, è ora disponibile su "Amazon Prime Video", comprendente anche le quattro scene censurate, doppiate regolarmente in italiano. Probabilmente si tratta di una versione bluray destinata al mercato estero, comprensiva della traccia audio in lingua italiana.
NOTE
[1] OST (brano n. 7).
[2] "Italia odia - Il cinema poliziesco italiano", pag. 199 (Edizioni Lindau).
[3] "Ancora più... cinici, infami e violenti", pag. 224 (Bloodbuster edizioni).
[4] "La polizia s'incazza", pag. 118 (Lit edizioni).
[5] Dal sito "Italia Taglia".
Il tempo degli assassini: (da sinistra) Martin Balsam, Guido Leontini e Joe Dallesandro
"Agli estorsori di consensi convengono i disagi sociali degli uomini: gli uomini disagiati, senza lavoro, senza soldi, sono facilmente orientabili, sono facilissime fonti di consensi (anche elettorali)."
(Fabrizio De André)
OST di Alberto Verrecchia
Il tempo degli assassini (Marcello Andrei, 1975) - Cast artistico
F.P. 18/07/2022 - Versione visionata (su "Amazon Prime") in lingua italiana (durata: 101'40")
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