Regia di Romolo Guerrieri vedi scheda film
Non è certo il miglior poliziottesco che il cinema italiano abbia sfornato, ma Liberi, armati, pericolosi resta un buon prodotto di genere, soprattutto per alcune particolarità che lo contraddistinguono. Alla regia c'è il fratello di Marino Girolami, Romolo Guerrieri (ovviamente, Girolami all'anagrafe), un mestierante che ha spaziato tra commedia e noir con risultati altalenanti, che qui firma una regia non certo eccellente, ma funzionale, mentre la sceneggiatura è del maestro del genere Fernando Di Leo.
La trama è la più semplice del mondo (crimine, peripezie, fuga) ma non per questo il film può essere lasciato nell'anonimato. Innanzitutto, è interessante la figura del poliziotto interpretato da Tomas Milian, quasi un personaggio di secondo piano, riflessivo, poco avvezzo all'azione, insomma, il contrario di un qualsiasi Maurizio Merli. L'attenzione è focalizzata sui criminali e per un motivo ben preciso, data la loro particolarità. Sono ragazzi della borghesia milanese, annoiati: giovani che hanno tutto tranne attenzione e considerazione da parte di famiglie che equiparano un assegno a un momento speso col proprio figlio.
Da qui prendono vita alcuni momenti di bassa psicologia e sociologia dei poveri, naturalmente squadrata e poco approfondita, ma allo stesso modo presente e in prima linea nel caratterizzare una pellicola comunque diversa da tutte le altre. Non mancano i classici inseguimenti (uno girato nel centro storico di Pavia e a Borgo Ticino, dettaglio che mi risveglia un certo campanilismo pavese), fughe, sparatorie e momenti violenti, smorzati dalle talvolta snervanti battute di uno dei protagonisti. Il finale è telefonato, ma d'impatto. C'è spazio pure per un'incursione politica. Insomma, un film dalla cornice già vista, ma dalle evidenti particolarità che lo rendono sempre riconoscibile anche dopo anni dall'ultima visione. Cosa non facilissima in un poliziesco.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta